ANNUARIO 2001
AMBIENTE

Etna: diario di un'eruzione

Elicotteri e Canadair facevano la spola per spegnere gli incendi nei boschi, e la popolazione viveva momenti di preoccupazione. Il sindaco di Nicolosi, Salvatore Moschetto, rassicurava, ascoltava, sollecitava interventi. La lava dapprima rallentò, altra lava si sovrappose alla prima, rallentò pure quella e dopo un'altra settimana si fermò. A poca distanza dalle cave naturali che comunque erano pronte a contenerla, se avesse continuato a scendere. In realtà i cittadini di Nicolosi, abituati come sono alle eruzioni, non si sono mai veramente preoccupati se non delle pesanti conseguenze economiche. Eppure tv e giornali esteri (ma i toni drammatici erano usati anche dai nostri network nazionali) pubblicavano racconti di gente in fuga, terrorizzata. Di case incendiate e paesi evacuati. "Che devo fare, la redazione mi chiede immagini degli abitanti con le valigie pronte" mi diceva un collega tedesco. Gli ho risposto che neanche a pagarlo, ne avrebbe trovato uno. Evidentemente dopo dieci giorni, la "semplice" eruzione di per sé non faceva più notizia. Così saltò fuori anche la storia delle cinquemila, o ventimila che fossero, sacche per cadaveri che erano state ordinate alla Germania. Per fortuna la prendemmo tutti a ridere. Tempo dopo qualcuno della Protezione Civile mi spiegò che qualcosa di vero c'era, nel senso che si tratta di procedure del piano antisismico che in ogni caso devono scattare. Ma insomma le sacche furono rimandate indietro con un "grazie del pensiero, non ne abbiamo bisogno". Anche perché subito dopo il primo giorno, in cui purtroppo si verificò l'unico grave incidente ad un uomo che scappava dalla zona dei crateri in seguito ad un'esplosione, l'Etna diventò off-limits per chiunque non avesse buoni e validi motivi per salirvi in cima. I posti di blocco erano tanti, sulle diverse vie d'accesso. La sera diventavano quasi dei punti di ritrovo, con tanto di furgoncini per panini, bibite e souvenir.

La gente posteggiava le macchine e proseguiva a piedi. Il sabato capitava di vedere intere famiglie col passeggino, ma per lo più si trattava di comitive di ragazzi. Vestiti come per una serata in discoteca, armati solo di una torcia, arrancavano nel buio per qualche chilometro sperando di vedere "la lava da vicino". Ma la salita, e la distanza, finivano per scoraggiare i più. Io invece grazie a questo mestiere ho potuto vivere un'esperienza speciale e per me assolutamente nuova, tra decine di colleghi da tutto il mondo, forze dell'ordine, volontari, titolari d'esercizi commerciali, politici e scienziati. Una palestra professionale ed umana impareggiabile, ed anche un osservatorio privilegiato. Altro che "la lava da vicino". Credo che non dimenticherò mai il calore insopportabile, nonostante il vento sferzante, e l'odore intenso di zolfo della lava appena sgorgata. E il rumore poi…! Soffi violenti, continui, quasi urla di rabbia. La colonna sonora di un'eruzione vista, anzi sentita da vicino è fatta d'esplosioni e rombi su un sottofondo che è come un respiro. Per forza poi un vulcano viene chiamato sui giornali "il Gigante", e la fantasia popolare gli attribuisce azioni e pensieri, come se fosse una persona viva. Ma il Gigante, o "a muntagna", come amano chiamarlo i catanesi, quando si sveglia qualche danno lo deve fare. In quest'ultima eruzione, in più riprese ha distrutto gli skilift, i piloni e la stazione d'arrivo della Funivia. Ha lanciato in aria tonnellate di cenere nera e vetrosa, attirandosi le maledizioni delle massaie e degli amministratori comunali dell'intera provincia di Catania e soprattutto, complice il vento, riuscendo a fare chiudere l'aeroporto di Fontanarossa nel primo weekend d'Agosto, con centinaia di voli e di charter turistici dirottati su altri scali. Danni ai quali si sono aggiunti quelli per "mancato introito", denunciati da tutti gli operatori economici della stazione Etna Sud-Nicolosi.

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