 |
Lo
scorso 11 maggio Sant'Agata Li Battiati ha perso il suo cittadino più illustre,
l'attore Turi Ferro che è deceduto nella sua abitazione per i postumi di un infarto.
Potremmo definirlo cordiale, il rapporto che Ferro aveva istaurato con la cittadina
del Catanese, un matrimonio che lo aveva legato a Battiati molti anni fa quando
scelse la villa nei pressi di via Corsaro, per fuggire - come tanti altri catanesi
illustri - dello stress del centro, a caccia di un'area dove godere il meritato
riposo dopo le fatiche di una tournée. Un sodalizio questo, che il paese non vuole
esaurire con la sua scomparsa: l'Amministrazione comunale, con una delibera di
Giunta, ha infatti destinato una zona del cimitero comunale agli uomini illustri
del paese e il primo ospite sarà, per l'appunto, il maestro del palcoscenico.
Per anni l'attore catanese è stato l'erede legittimo e orgoglioso di una tradizione
d'interpreti siciliani, e sia che recitasse Verga, Brancati, Sciascia o il prediletto
Pirandello, le sue origini hanno nutrito la sua arte, che era un concentrato di
realismo e di suggestione visionaria. Nato a Catania il 21 gennaio 1921,
Turi Ferro debuttò bambino nella "Brigata d'arte di Catania", dove il padre recitava
da dilettante. Prese il diploma di maestro elementare, ma il teatro lo aveva già
conquistato. Fra i primi spettacoli ai quali prese parte fra la fine degli anni
Quaranta e l'inizio dei Cinquanta, ci fu la mitica edizione dei "Giganti della
montagna", la grande "incompiuta" di Luigi Pirandello messa in scena da Giorgio
Strehler, nella quale interpretò la parte del mago Crotone. Da allora Pirandello
fu per lui un destino, soprattutto quando con la moglie Ida Carrara creò l'Ente
Teatrale Sicilia (1957), riunendo i migliori attori della regione: Rosina Anselmi,
Michele Abbruzzo, Umberto Spadaro. Con gli stessi compagni portò ai vertici della
scena italiana la Compagnia Stabile del Teatro di Catania, con la quale compì
anche numerose tournée all'estero. Fra i successi anche le numerose versioni teatrali
dei grandi romanzi siciliani: da "Mastro don Gesualdo", al "Giorno della civetta",
al "Bell'Antonio", nonché un classico della comicità siciliana come "L'aria del
continente" di Nino Martoglio e varie incursioni nel repertorio classico, fra
le quali "Troilo e Cressida" di Shakespeare diretto da Gabriele Lavia. E' stato
anche uno dei pochissimi attori ad essere diretto in palcoscenico da un maestro
del cinema come Roberto Rossellini, regista dei "Carabinieri" di Joppolo al Festival
di Spoleto. Fra le interpretazioni di spicco anche "Il sindaco di Rione Sanità"
di Eduardo De Filippo, il boss galantuomo, che Ferro con la sua sola leggera vena
dialettale trasferì dalla Napoli della camorra alla Catania mafiosa. Il cinema
italiano invece fu avaro con lui, ma Ferro stesso non ne fu mai ossessionato dalla
voglia, fra i film migliori da lui interpretati "Un uomo da bruciare" (1961) di
Valentino Orsini e Paolo e Vittorio Taviani, "Io la conoscevo bene" (1965) di
Antonio Pietrangeli, "Ernesto" (1979) di Salvatore Samperi, "Il Turno" (1981)
di Tonino Cervi. Il rimpianto più grande quel Geppetto che non ci sarà mai nel
Pinocchio che Roberto Benigni sta preparando per la prossima stagione cinematografica,
un ruolo che il comico toscano aveva cucito addosso al maestro catanese. |