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Tutto il doppio. Dalla melanzana alla casa. Gli effetti
dell’euro, più passa il tempo più si ripercutono (in
negativo) sulle tasche degli italiani. A pagarne le spese - è proprio
il caso di dirlo - sono coloro che non dispongono di grandi risorse. A
partire da chi ha bisogno di una casa. Per comprare o affittare non cambia
granché. A Catania - in città come nella periferia residenziale
- bisogna spendere circa 2.200 euro al mq. per diventare proprietario
di un buon immobile. La forbice si restringe del 60 per cento nei quartieri
meno richiesti. Così, in una zona elegante del capoluogo etneo
un buon appartamento che due anni fa si sarebbe potuto acquistare con
300 milioni, oggi, convertito il conto in vecchie lire, ne occorrerebbero
500 di milioni. Con buona pace di chi vuole accendere un mutuo. Paradossalmente,
però, sempre meglio, se si può, assumere un impegno prolungato
nel tempo con un istituto di credito piuttosto che versare a vuoto cifre
esose per gli affitti. Qui il raddoppio è netto: da 700 mila lire
a 700 euro il salto è stato immediato. Ancora peggio va agli studenti,
che per una stanza oggi sono costretti a sborsare non meno di 200 euro.
E ciò perché, a fronte di un investimento mimino in fatto
di mobilia, i proprietari di case sfitte preferiscono i giovani fuorisede
per sfruttare il nuovo business “caro-casa-euro” (nonostante
la forte tassazione, a tutto vantaggio, poi, delle casse dello Stato).
“A Catania - ha dichiarato al Tgr Rai il responsabile
dei consulenti immobiliari della “Giorgi” Agostino Scafili
- il rincaro medio è del 10 per cento. Il capoluogo etneo, comunque,
è fra le prime dieci città italiane dove si sono registrati
questi aumenti, anche perché tra le piccole metropoli è
quella che aveva mantenuto i prezzi stabili. La caratteristica è
che al mercato catanese sono interessati anche le famiglie dell’ennese,
del ragusano, del nisseno e dell’agrigentino, le quali, anziché
cercare casa in affitto per i figli studenti, scelgono di investire”.
Il mattone, infatti, comunque conviene in un momento in cui il mercato
azionario sembra impazzito e non garantisce stabilità.
“Sì, è vero. La gente tende più a comprare
che affittare - ha aggiunto ancora alla Rai il presidente regionale degli
agenti immobiliari dell’Ascom Confcommercio, Nino Nicolosi -. Colpa
della forte svalutazione che induce i risparmiatori a capitalizzare sull’immobile
per garantirsi il futuro”.
La realtà, del resto, non varia (se non nella scala dei prezzi)
da Catania a Milano. I giornali di inserzioni sono pieni di annunci, con
proposte solo apparentemente interessanti. Perché c’è
una grande differenza tra un bivani ammobiliato, in residence, adatto
ai professionisti e un bivani ammobiliato, in condominio, riservato agli
studenti. Eppure spesso il prezzo non cambia!
Perciò dall’Unione Piccoli Proprietari, per voce del presidente
avvocato Caruso, giunge l’invito a temporeggiare, se si può,
prima di acquistare casa: “In questo momento forse è consigliabile
attendere che questi prezzi, talvolta artificialmente gonfiati, calino,
perché è fisiologico che caleranno…”
Luigi Pallotta, segretario nazionale del Sunia, il sindacato più
diffuso degli inquilini, al “Nuovo” ha spiegato: “Le
vittime di un mercato degli affitti senza regole sono sia i giovani universitari,
sia le famiglie monoreddito e quelle più svantaggiate. Perché
ormai il mercato degli affitti è quasi tutto in nero e anche gli
ultimi interventi per far emergere il sommerso hanno sortito ben pochi
effetti. In base a nostre rilevazioni su conteggio Istat le abitazioni
ad equo canone sono circa 1.500.000 unità, il 35% del totale; quelle
a patto in deroga il 37%; a regime informale (foresterie, transitori,
studenti, arredati) il 5%; prive di qualsiasi contratto: 560.000 unità
(16%)”.
Il costo per stipulare un contratto, inoltre, risulta mediamente cresciuto
nell’ultimo anno di quasi il 16%.
E chi, indipendentemente dagli studi, intende provare l’esperienza
dell’abitare da solo? Ebbene, secondo un’indagine Istat nazionale,
la percentuale dei giovani con un’età compresa tra i 20 ed
i 24 anni che vivono ancora con i propri genitori è passata negli
ultimi anni dall’81% all’87%, quella dei giovani tra 25 e
29 anni dal 39% al 56%. Queste quote, peraltro molto superiori a quelle
riscontrate nella maggior parte dei Paesi europei, è indice spesso
non di una scelta consapevole, ma di una necessità rispetto alla
quale senz’altro incide, in maniera determinante, la difficoltà
di trovare un’abitazione alternativa a quella della famiglia di
origine.
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