Gli agrumi, la cui etimologia deriva dal latino medievale "agrumen"
(dal sapore agro), dagli ultimi secoli in poi hanno ricoperto in maniera sempre
più estesa, con le loro piante sempreverdi, la superficie della Sicilia,
fino ad immedesimarsi con essa ed a contribuire alla caratterizzazione del fertile
territorio. Emblema del sole e della luce della nostra terra, le arance, tra leggenda
e poesia, sono diventate il frutto-simbolo della Sicilia.
LE ORIGINI E LA DIFFUSIONE DEGLI AGRUMI
Gli agrumi appartengono al genere "citrus" e hanno una storia avventurosa
che risale a 4.000 anni fa. La loro coltivazione, infatti, ebbe inizio intorno
al 2400 a.C. nella zona originaria che è l'Asia orientale. Il lento procedere
verso Occidente delle arance è testimoniato innanzitutto dal nome "arancia",
che deriva dal persiano "narang", da una particolare e ricercata pietanza
della cucina persiana abbasside la "naranjija" ed inoltre dal più
antico ricettario persiano, il Baghdadi. È opera degli Arabi e dei Crociati
la diffusione in Sicilia e in altre regioni del mediterraneo dell'arancio amaro
(o melangolo) e del limone. Alcuni secoli dopo, quando iniziarono le grandi scoperte,
furono i Genovesi e i Portoghesi, popoli di navigatori, che con Vasco de Gama
nel 1400 e nel 1500 diffusero l'arancio dolce in Europa: Spagna, Liguria, Calabria
e Sicilia. Infatti, fino ad oggi nelle espressioni dialettali di queste regioni
l'arancia è denominata: partuga, partugal, partuallo, riferendosi proprio
alla regione da cui ebbe origine la diffusione europea.
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Per molto tempo la coltivazione degli agrumi rimase limitata a scopo ornamentale.
La moda di utilizzare gli agrumi a tale scopo si propagò nel Medioevo e
nel Rinascimento. I frutti vennero largamente utilizzati in gastronomia, per insaporire
carni, arrosti e dolci, ma anche in medicina, erboristeria, ecc. Nel 1600 comincia
l'utilizzo agricolo dell'agrume. In Sicilia è soprattutto nel 1700 e nel
1800 che l'elevata redditività dell'agrumicoltura spinse in modo notevole
la diffusione di questa coltura. Per quanto riguarda più specificatamente
l'arancia rossa, pare che questa sia giunta in Sicilia in tempi relativamente
recenti e dopo un lungo viaggio iniziato probabilmente in territorio cinese, dove
si è differenziato quel primordiale nucleo genetico dal quale sono derivati
gli attuali agrumi. Pare che nella Sicilia del XVI secolo venissero coltivate
soltanto le arance bionde. Bisogna giungere nel XVII secolo perché l'arancia
rossa entri nel panorama delle varietà consciute in Italia. È nell'opera
"Hesperides" del gesuita Ferrari (1646) che viene descritto per la prima
volta il frutto di un"aurantium indicum" dalla polpa pigmentata (purpurei
coloris medulla), portato in Italia da un missionario genovese di ritorno dalle
isole Filippine.
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E arance decisamente rosse sono raffigurate in un quadro di Bartolomeo Bimbi,
un pittore che operò alla corte dei granduchi di Toscana tra il XVII e
il XVIII secolo. Le caratteristiche dell'arancia dal sugo vinoso vengono poi descritte
in un manoscritto del botanico fiorentino Micheli (1679 - 1737).
La Sicilia rappresenta l'area agrumicola italiana più importante e una
delle più rilevanti del bacino del Mediterraneo e del mondo. Oggi gli agrumeti,
che i siciliani con orgoglio chiamano "giardini", coprono una superficie
di circa 112.000 ettari e la produzione che in media ogni anno viene raccolta
è di oltre 2 milioni di tonnellate. Si raccolgono prevalentemente arance;
seguono limoni, mandarini e clementine. Poi, nell'ambito della coltura delle arance,
primeggiano le varietà a "polpa rossa", cioè Tarocco,
Moro e Sanguinello. La produzione di queste arance è tipica della Sicilia
orientale, nell'area posta a sud, sud-ovest dell'Etna. È questo il contesto
territoriale siciliano dove l'agrumicoltura, negli ultimi decenni, si è
affermata sempre di più come realtà agricola principale e come attività
economica trainante.
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