ANNUARIO 2002
ENTI LOCALI

Agrumi oro di Sicilia

Pagine a cura dell'Ufficio P.R. editoriale

Gli agrumi, la cui etimologia deriva dal latino medievale "agrumen" (dal sapore agro), dagli ultimi secoli in poi hanno ricoperto in maniera sempre più estesa, con le loro piante sempreverdi, la superficie della Sicilia, fino ad immedesimarsi con essa ed a contribuire alla caratterizzazione del fertile territorio. Emblema del sole e della luce della nostra terra, le arance, tra leggenda e poesia, sono diventate il frutto-simbolo della Sicilia.

LE ORIGINI E LA DIFFUSIONE DEGLI AGRUMI
Gli agrumi appartengono al genere "citrus" e hanno una storia avventurosa che risale a 4.000 anni fa. La loro coltivazione, infatti, ebbe inizio intorno al 2400 a.C. nella zona originaria che è l'Asia orientale. Il lento procedere verso Occidente delle arance è testimoniato innanzitutto dal nome "arancia", che deriva dal persiano "narang", da una particolare e ricercata pietanza della cucina persiana abbasside la "naranjija" ed inoltre dal più antico ricettario persiano, il Baghdadi. È opera degli Arabi e dei Crociati la diffusione in Sicilia e in altre regioni del mediterraneo dell'arancio amaro (o melangolo) e del limone. Alcuni secoli dopo, quando iniziarono le grandi scoperte, furono i Genovesi e i Portoghesi, popoli di navigatori, che con Vasco de Gama nel 1400 e nel 1500 diffusero l'arancio dolce in Europa: Spagna, Liguria, Calabria e Sicilia. Infatti, fino ad oggi nelle espressioni dialettali di queste regioni l'arancia è denominata: partuga, partugal, partuallo, riferendosi proprio alla regione da cui ebbe origine la diffusione europea.

Per molto tempo la coltivazione degli agrumi rimase limitata a scopo ornamentale. La moda di utilizzare gli agrumi a tale scopo si propagò nel Medioevo e nel Rinascimento. I frutti vennero largamente utilizzati in gastronomia, per insaporire carni, arrosti e dolci, ma anche in medicina, erboristeria, ecc. Nel 1600 comincia l'utilizzo agricolo dell'agrume. In Sicilia è soprattutto nel 1700 e nel 1800 che l'elevata redditività dell'agrumicoltura spinse in modo notevole la diffusione di questa coltura. Per quanto riguarda più specificatamente l'arancia rossa, pare che questa sia giunta in Sicilia in tempi relativamente recenti e dopo un lungo viaggio iniziato probabilmente in territorio cinese, dove si è differenziato quel primordiale nucleo genetico dal quale sono derivati gli attuali agrumi. Pare che nella Sicilia del XVI secolo venissero coltivate soltanto le arance bionde. Bisogna giungere nel XVII secolo perché l'arancia rossa entri nel panorama delle varietà consciute in Italia. È nell'opera "Hesperides" del gesuita Ferrari (1646) che viene descritto per la prima volta il frutto di un"aurantium indicum" dalla polpa pigmentata (purpurei coloris medulla), portato in Italia da un missionario genovese di ritorno dalle isole Filippine.

E arance decisamente rosse sono raffigurate in un quadro di Bartolomeo Bimbi, un pittore che operò alla corte dei granduchi di Toscana tra il XVII e il XVIII secolo. Le caratteristiche dell'arancia dal sugo vinoso vengono poi descritte in un manoscritto del botanico fiorentino Micheli (1679 - 1737).

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La Sicilia rappresenta l'area agrumicola italiana più importante e una delle più rilevanti del bacino del Mediterraneo e del mondo. Oggi gli agrumeti, che i siciliani con orgoglio chiamano "giardini", coprono una superficie di circa 112.000 ettari e la produzione che in media ogni anno viene raccolta è di oltre 2 milioni di tonnellate. Si raccolgono prevalentemente arance; seguono limoni, mandarini e clementine. Poi, nell'ambito della coltura delle arance, primeggiano le varietà a "polpa rossa", cioè Tarocco, Moro e Sanguinello. La produzione di queste arance è tipica della Sicilia orientale, nell'area posta a sud, sud-ovest dell'Etna. È questo il contesto territoriale siciliano dove l'agrumicoltura, negli ultimi decenni, si è affermata sempre di più come realtà agricola principale e come attività economica trainante.

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