Probabilmente quell'orologio che continua a battere il tempo, a dispetto di
crolli e devastazioni, ha un senso. Quelle lancette che continuano a girare, nonostante
la scossa di terremoto abbia martoriato la chiesa della Maria Santissima del Carmelo
di Santa Venerina, sicuramente fanno riflettere anche i non credenti. Che ci sia
una regìa Suprema è un segno divino anche per i più scettici.
È quasi una sottolineatura alle manchevolezze dell'uomo. Quella mano che
continua a dare la corda all'orologio intatto di un campanile intaccato e pericolante,
sembra anche voler accusare ritardi e inadempienze oltre che deturpazioni e scelleratezze.
Si "scopre" così che, mentre in altre parti del mondo - vedi,
ad esempio, il Giappone -, scosse sismiche anche di notevole entità "solleticano"
grattacieli e strutture edificate con tutti i crismi, in Sicilia basta un "lieve
tremore" per distruggere chiese, uffici, scuole, case. E con esse i sacrifici
di una vita. Noi siciliani, caparbi e vulcanici come l'Etna, siamo sempre pronti
a ricominciare. Non ci demoralizziamo, anzi. Ritroviamo vitalità e stimoli
proprio quando le disgrazie del mondo sembrano abbattersi sulle nostre teste.
Ma non tolleriamo l'inganno, siamo stanchi delle promesse al vento, delle occasioni
perdute, dei puntuali sciacallaggi politici.
A Palermo, lo scorso sei settembre, la terra "s'è data una mossa".
Nulla di più. È bastata una scossa del settimo grado della scala
Mercalli per lasciare senza tetto 400 persone; per far evacuare 21 stabili; per
causare 500 milioni di euro di danni. Il pensiero corre e ci porta al centro storico
del capoluogo, tradizionalmente in bilico e fatiscente. Ma non è così.
O meglio, non è solo così. Ad essere maltrattata è pure la
zona Sperone-Romagnolo-Oreto. Un quartiere le cui costruzioni risalgono agli inizi
degli anni Settanta. Ovvero, il periodo degli scempi edilizi siciliani. Delle
costruzioni selvagge e senza criterio. Basate sul profitto di pochi e non certo
sulla sicurezza per la gente. A Catania, cinquanta giorni dopo, l'Etna si risveglia
da un letargo non proprio lungo (l'ultima eruzione era iniziata il 18 luglio 2001
ed aveva sollevato preoccupazioni per alcune settimane). Ma non c'è il
tempo di cogliere l'emergenza che, in meno di tre giorni, al pericolo si aggiunge
il disastro: il sisma nei Comuni pedemontani e della fascia ionica acese. Un paio
di scosse forti ma non fortissime. Quasi la "crosta", qui, volesse scrollarsi
di dosso quella cenere vulcanica sputata dall'Etna. Ed è già alla
prima "spazzolata" che i danni sono ingenti. Guardia, Mangano, San Giovanni
Bosco, Santa Venerina con l'intera contrada di "Bongiardo" sono le zone
più vessate.
Umiliate più dall'uomo che dalla forza impetuosa ed aggressiva della
natura. Anche in questo caso, martirizzato non è solo il centro storico
delle cittadine. Danneggiati sono, soprattutto, gli edifici di nuova costruzione.
Muri squarciati; piloni di cemento armato frantumati; strade sprofondate. Ogni
cosa sembra instabile. Ogni casa sa di inganno. Il Sindaco di Catania Umberto
Scapagnini sottolinea come "lo sviluppo selvaggio dell'edilizia nella provincia
catanese ed il mancato rispetto per decenni delle norme antisismiche nella costruzione
di uffici pubblici e abitazioni private, oggi minaccia la sicurezza e la stabilità
di numerosi centri abitati che sorgono sulle pendici dell'Etna". Il Presidente
della Provincia regionale di Catania Nello Musumeci rincara la dose ricordando
che "il problema è atavico e che la nostra provincia in questo campo
è indietro di quaranta o cinquant'anni. Bisogna smetterla di parlarne solo
quando esplode l'emergenza in una terra che da sempre convive con terremoti ed
eruzioni".
Ma intanto le scene si ripetono. Non solo quelle di naturale disperazione.
Mentre allenta l'emergenza monta la polemica. L'opposizione di turno accusa la
maggioranza in sella. Il Governo in carica promette e già distribuisce
soldi per la ricostruzione. La gente è scettica, sfiduciata. Quasi sapesse
che a cambiare è solo l'unità di misura economica nazionale: stavolta
arriveranno euro e non più lire. Ma dove arriveranno, quando e per chi,
si chiede la popolazione. Immancabili sopraggiungono anche le inchieste giudiziarie.
Ci mancherebbe: auspicate e dovute. Ma che talvolta si sono rivelate processi
sommari con irreperibili colpevoli. Nella fattispecie sono due, al momento, le
inchieste avviate dalla Procura della Repubblica di Catania. Una riguarda i danni
del terremoto; l'altra gli appalti degli interventi sul vulcano. I due fascicoli
sono stati aperti contro ignoti. Per uno scempio sotto gli occhi di tutti e sulla
pelle di molti. Un migliaio di senza tetto di quest'ultima emergenza, intanto,
aspetta. Forse, stavolta, qualcosa di positivo arriverà, si dicono gli
sfollati caricandosi di speranza. Ed intanto, dalla strada, dalle piazze, dalle
fredde tende allestite dalla Protezione Civile guardano quell'orologio del campanile
della chiesa Maria Santissima del Carmelo che, inesorabile, continua ad "accusare"
il tempo.
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