Appartato
rispetto alle principali arterie del traffico, posto tra gli ultimi declivi nord-occidentali
dell'Etna e le pendici meridionali dei Nebrodi, il territorio comunale di Maniace
si estende per una superficie di 36 Kmq, modellata in tre grandi e fertili vallate.
Queste si adagiano dolcemente lungo le rive di tre corrispettivi corsi d'acqua,
a regime torrentizio, che discendendo dall'alto dei Nebrodi, dopo aver bagnato
le terre di Maniace, confluiscono, più a valle, dando origine al Simeto. I predetti
torrenti sono: il Martello, il Saraceno e il Cutò . La zona offre, nell'insieme,
uno scenario lussureggiante e panoramico. Disposta tra pianura, collina e montagna
presenta un'altitudine che varia dai 648 metri a fondo valle (Boschetto vigne)
ai 1.416 metri in montagna (Serra Semantile). Tutto il paesaggio è, poi, incorniciato.
Sin dal confine con Bronte, all'altezza del grande parco dell'ex ducea Nelson:
fitti alberi d'alto fusto tra i quali si intravede, a manca, il Castello di Maniace,
ovvero, l'ex abbazia benedettina con l'annessa chiesa titolata S. Maria del valorosissimo
Maniace. La chiesa è, indubbiamente, sotto il profilo storico ed artistico la
parte più interessante dell'intero edificio. Essa non ricade nel territorio di
Maniace ma in quello di Bronte. La popolazione di Maniace, infatti, è stata privata
da "manovre ed egemonie politiche" del suo diritto ad avere l'omonimo Castello
(tanto che oggi non si sta risparmiando di opporre le sue legittime rivendicazioni).
Tuttavia la chiesa è attualmente, come lo fu in origine, sede parrocchiale a favore
delle popolazioni residenti nei pressi, eretta, con decreto vescovile il 24.06.1962.
Il vetusto tempio è stato, all'epoca del regime feudale della ducea Nelson, luogo
e momento di aggregazione dell'oppresso ceto contadino. A ridosso del Castello
scorre il torrente Saraceno le cui acque lambiscono le mura del vecchio maniero.
Ancora negli ami '70 esisteva l'antico ponte in legno ove, un tempo, si passava
non senza aver prima pagato il pedaggio al duca con tariffe differenziate per
pedoni, cavalcature, carri ed automezzi. Superato il ponte, ora rifatto in cemento
armato, si dispiega, a destra, la prima vallata del territorio maniacese che accoglie
le borgate di Piana, Porticelle e Zerilli con i loro 800 abitanti. Vi si accede
per un viale ombreggiato da alberi di frassino lungo il cui percorso sorge, a
sinistra, il cimitero comunale e, protetto da querce frondose, il piccolo cimitero
degli inglesi che oltre alle tombe dei duchi custodisce quella del poeta scozzese
William Scharp, morto nel dicembre 1905, ospite della ducea. La strada, dopo aver
attraversato in lungo, verso nord, la parte pianeggiante della valle e i piccoli
agglomerati urbani sale fino a Taiti, alla Segheria e ai faggi della foresta Vecchia,
nel Comune di Bronte. Raggiunto Taiti, nel punto ove sorge una casina con villetta
dell'ex duca Nelson, bisogna voltarsi indietro per vedere ciò che si è lasciato
alle spalle, avendo ormai superato un dislivello di circa 600 metri. Tutt'intorno
la scenografia è spettacolare. Più lontano, affogata quasi in un mare di verde,
l'ex abbazia benedettina di S. Maria di Maniace. Partendo nuovamente dal ponte
sul Saraceno si ha, dirimpetto, la collina di Fondaco caratterizzata da quei doppi
filari di cipressi che la percorrono lungo tutti i suoi schienali. Quindi, gli
agglomerati urbani: il primo di questi è Fondaco, incrocio, un tempo, di importanti
vie di comunicazione. Sorgono, appresso, Margherito, Cavallaro, Galatea, Petrosino,
Pezzolino. I boschi dei Nebrodi, disposti a semicerchio attorno a Maniace, sono
sottoposti alle cure forestali. Il loro manto vegetale è dato dalle chiome del
cerro, della roverella e del leccio, del faggio, del frassino, dell'agrifoglio,
dell'olmo, dell'acero, del pero selvatico, dello spino e del pruno. Chi accede
ai Nebrodi avrà, naturalmente degli incontri faunistici. Questa fauna, anche se
impoverita dall'opera sconsiderata dell'uomo, è capace, ancora, di arricchire
il mondo della conoscenza, della fantasia, dell'emozione. Vi è la volpe, rossa
di pelo; un'altra assaltatrice di pollai è la donnola, dal colore rossiccio sul
dorso e bianco sulla gola e sul ventre. Chi frequenta questi boschi racconta,
poi, di aver avvistato anche qualche martora, una parente, più grossa, della donnola.
Il gatto selvatico, invece, triplo di quello domestico, generalmente non esce
dal bosco: si accontenta di conigli e di lepri. Il ghiro lo si incontra, piuttosto
in letargo, raggomitolato nel cavo di un albero. Numerosi gli aculeati ricci e
qualche istrice scende dai terreni lavici dell'Etna. Tra i volatili che popolano
i Nebrodi vi sono i colombi selvatici, le gazze, le beccacce, i corvi e le cornacchie,
la pernice, la coturnice, il gufo, la quaglia. | 
| La
Chiesa Madre | Ogni tanto fa la
sua comparsa qualche falconiforme. Un tempo si vedeva spesso il nibbio apparire
nel cielo della vallata e volteggiare in cerca di preda, ma veniva subito allontanato
dal coro di grida delle donne. Anche i grifoni nidificavano fino agli anni '60.
Flotte di ragazzi di tanto in tanto lasciano i centri abitati e risalgono le acque
dei torrenti per pescarvi la carpa, la tinca, la tartaruga e qualche trota. Negli
stagni dimora la gallinella d'acqua e l'airone. La presenza allo stato brado di
numerosi branchi di bovini alla pastura rileva la presenza di un'apprezzabIle
attività pastorizia. Se il paesaggio di Maniace, fin qui descritto, sembra avere
avuto il tocco maestro di un "sovrumano giardiniere" non mancano in questo grande
giardino naturale, i segni della lenta paziente e laboriosa opera di miniatura
fissata saldamente al paesaggio dalle mani dell'uomo. Estesi e rigogliosi frutteti,
impiantati in pianura e sulla bassa collina con l'ausilio idrico dei pozzi trivellati
o scavati rudimentalmente nel greto del torrente hanno tolto spazio alle brulle
distese seminative di un tempo. In collina e sulla montagna i muretti a secco,
i terrazzamenti, le stradine poderali, i viottoli caratterizzano il paesaggio.
Dove è stato possibile creare piccoli invasi, laghetti collinari, per la raccolta
dell'acqua iemale, la campagna si è tatuata di verde, di orti e di vigneti. Testimoni
preziosi di un antico artigianato familiare e contadino, ormai quasi del tutto
scomparso, sono vecchi attrezzi di lavoro e altri oggetti di mobilia rurale. Resistono
ancora, alcuni anziani orgogliosi di esibire la loro capacità di trasformare la
materia grezza in un oggetto d'arte, tanto è il potere di osservazione e di astrazione,
di sintesi e di stilizzazione espressiva impressi nell'opera prodotta. Appesi
alle pareti, o come soprammobili, fanno bella mostra, nelle moderne abitazioni
di Maniace, oggetti intagliati sul legno o lavorati con vimini, giunchi, canne,
etc. E' augurabile che l'amministrazione comunale raccolga questi manufatti ancora
disponibili prima che sia troppo tardi, ed allestisca un piccolo museo a testimonianza
di questa, quasi scomparsa, locale civiltà contadina. Importanti, archeologicamente,
sono le abitazioni scavate nel masso, sia quelle delle colline arenarie, di Zirilli,
dette "grotte della Saracena", presso l'omonimo torrente, che quelle di Boschetto
vigne. L'uomo di Maniace, infine: è oriundo da Tortorici, Comune in provincia
di Messina. L'indole generosa e lo spirito di gruppo e di solidarietà reciproca
sono due aspetti del suo carattere più conosciuti ed apprezzati dalle popolazioni
limitrofe. Tenuta in onore l'ospitalità era ancora costume, fino a tempo addietro
presso alcune famiglie, tenere pronta a tutte le ore del giorno una vivanda sempre
calda da servire all'improvviso ospite. Al siciliano tipo, dal colore bruno, dall'esuberanza
verbale e dalla gestualità teatrale si immischiano, a Maniace i tratti somatici
di cittadini riservati con occhi azzurri e capelli biondissimi. Mons.
Nunzio Galati |