Finalmente
il nuovo governo regionale ha capito che il turismo è la sola industria siciliana
trainante, e in futuro vincente. Ha recepito la legge quadro, ha dichiarato il
turismo "obiettivo uno" e l'assessore al Territorio e Ambiente ha persino visionato
il Biviere di Lentini dove dovrebbe sorgere un campo da golf di livello internazionale
il cui progetto era impantanato da due anni al Cru (commissione regionale urbanistica).
Insomma qualcosa si muove. E tuttavia a questo punto occorre chiedersi: che tipo
di turismo vogliamo? Vogliamo quello tipo Sharm El Sheick, tipo Marbella, massicciamente
invasivo delle coste, ma frequentato da migliaia di turisti che portano valuta
pregiata, oppure ci conviene uno più soft, più rispettoso dell'ambiente? Mi pare
che la risposta sia ovvia: non si può turbare l'ecosistema perché prenderesti
l'uovo oggi, ma non la gallina domani. Nel senso che queste località di cui abbiamo
parlato sono talmente cementizzate che non hanno più spazi, né futuro, anche se
sono ancora molto frequentate. La Sicilia non ha bisogno di un turismo di massa,
ma di qualità, e non perché vogliamo fare gli snob, ma perché le peculiarità della
nostra Isola sono diverse. Abbiamo i Parchi archeologici, abbiamo itinerari stupendi,
che non possono essere fruibili da una grande massa di gente, ma solo da chi sa
apprezzare queste cose. Quello siciliano dev'essere un turismo diffuso, non concentrato
su poche località, un turismo di livello che apprezzi le rappresentazioni classiche
di Siracusa così come quelle al teatro antico di Taormina, che si inerpichi per
le strade dell'Etna e che vada a scoprire i resti di Morgantina o la Villa romana
del Casale, o il barocco di Noto o di Ibla. Un turismo che offra ai sei milioni
di golfisti europei la possibilità di venire in Sicilia invece che ad Agadir oppure
nell'Algarve del Portogallo. E siccome la Sicilia è grande e ha oltre mille chilometri
di coste, questo turismo diffuso porterà lo stesso tanti visitatori senza bisogno
di guastare il paesaggio. Qual è l'arma vincente della Sicilia? I beni culturali
e la possibilità di goderne almeno dieci mesi l'anno. Noi abbiamo bellissimi novembre
- come scriveva l'ingiustamente dimenticato Ercole Patti - e splendidi marzo.
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Lo stesso clima del Marocco, della Tunisia o della Spagna, vero, che
però non hanno la stratificazione di tredici dominazioni dai fenici ai greci,
dai romani agli arabi, dai normanni agli spagnoli. Aggiungiamo che entro 4 anni
sarà completata l'autostrada Salerno-Reggio Calabria a tre corsie e quindi non
sarà impraticabile come adesso l'accesso alla Sicilia. E siccome il turismo viaggia
al 70% su gomma, ne consegue che i flussi diverranno consistenti. Se poi tra dieci
anni ci sarà pure il Ponte sullo Stretto verranno anche gli esquimesi a vederlo.
Il futuro sta qui e non per nulla c'è questa frenesia nel costruire nuovi alberghi.
A Taormina - pur intasata - ne stanno costruendo due e ripristinando altri come
lo storico Atlantis Bay di Mazzarò, Siracusa sta riaprendo i suoi vecchi gioielli
di Ortigia, la Valtur ha un programma concordato con la Regione per 5500 posti
letto nei suoi villaggi turistici. Alberghi, campi da golf e porti turistici:
è questa la formula. E poiché tutte queste cose non mortificano il paesaggio ci
sembra giusto che tutti gli esperti del settore indichino la Sicilia come la nuova
frontiera del turismo. Prima di rallegrarci pensiamo però alle nostre magagne:
non abbiamo in questo settore la professionalità necessaria. Finora lo stesso
polo turistico più celebre, Taormina, non ha la minima idea di cosa significhi
fare turismo, tanto vero che i suoi negozianti a sera abbassano le saracinesche,
mentre in tutte le altre località di villeggiatura i negozi stano aperti sino
a tarda ora. E' vero che altrove la stagione dura sessanta giorni, mentre da noi
trecento, ma bisognerà pure venire incontro alle necessità di chi viene a farci
visita. Mancano anche quadri intermedi e camerieri, bisogna dunque incrementare
le scuole che sfornano cuochi e sommelier, direttori di sala e addetti ai vari
servizi. Bisogna professionalizzarci perché i turisti portano ricchezza e occorre
saperli trattare in modo che tornino e facciano buona propaganda alla Sicilia.
Ultima notazione: gli aeroporti di Fontanarossa e Punta Raisi. Sono i primi biglietti
da visita per il forestiero. Eppure sono intasati e caotici. Ci vorranno anni
perché lo scalo catanese completi la ristrutturazione, e anni anche a Punta Raisi
per organizzarsi meglio. Chi viene dalla zona orientale - diciamo Cefalù - deve
attraversare tutta la circonvallazione perdendo un sacco di tempo, soprattutto
d'estate. Torniamo alla domanda iniziale: meglio un turismo diffuso che massiccio,
concentrato in poche "isole". E poi tanti campi da golf, per favore. Sono una
miniera perché portano un turismo ricco. |