ANNUARIO 2001
ATTUALITA'

Sicilia: isola d'élite

Far decollare il turismo, ma non solo quello di massa
di
Tony Zermo

 

Finalmente il nuovo governo regionale ha capito che il turismo è la sola industria siciliana trainante, e in futuro vincente. Ha recepito la legge quadro, ha dichiarato il turismo "obiettivo uno" e l'assessore al Territorio e Ambiente ha persino visionato il Biviere di Lentini dove dovrebbe sorgere un campo da golf di livello internazionale il cui progetto era impantanato da due anni al Cru (commissione regionale urbanistica). Insomma qualcosa si muove. E tuttavia a questo punto occorre chiedersi: che tipo di turismo vogliamo? Vogliamo quello tipo Sharm El Sheick, tipo Marbella, massicciamente invasivo delle coste, ma frequentato da migliaia di turisti che portano valuta pregiata, oppure ci conviene uno più soft, più rispettoso dell'ambiente? Mi pare che la risposta sia ovvia: non si può turbare l'ecosistema perché prenderesti l'uovo oggi, ma non la gallina domani. Nel senso che queste località di cui abbiamo parlato sono talmente cementizzate che non hanno più spazi, né futuro, anche se sono ancora molto frequentate. La Sicilia non ha bisogno di un turismo di massa, ma di qualità, e non perché vogliamo fare gli snob, ma perché le peculiarità della nostra Isola sono diverse. Abbiamo i Parchi archeologici, abbiamo itinerari stupendi, che non possono essere fruibili da una grande massa di gente, ma solo da chi sa apprezzare queste cose. Quello siciliano dev'essere un turismo diffuso, non concentrato su poche località, un turismo di livello che apprezzi le rappresentazioni classiche di Siracusa così come quelle al teatro antico di Taormina, che si inerpichi per le strade dell'Etna e che vada a scoprire i resti di Morgantina o la Villa romana del Casale, o il barocco di Noto o di Ibla. Un turismo che offra ai sei milioni di golfisti europei la possibilità di venire in Sicilia invece che ad Agadir oppure nell'Algarve del Portogallo. E siccome la Sicilia è grande e ha oltre mille chilometri di coste, questo turismo diffuso porterà lo stesso tanti visitatori senza bisogno di guastare il paesaggio. Qual è l'arma vincente della Sicilia? I beni culturali e la possibilità di goderne almeno dieci mesi l'anno. Noi abbiamo bellissimi novembre - come scriveva l'ingiustamente dimenticato Ercole Patti - e splendidi marzo.

Lo stesso clima del Marocco, della Tunisia o della Spagna, vero, che però non hanno la stratificazione di tredici dominazioni dai fenici ai greci, dai romani agli arabi, dai normanni agli spagnoli. Aggiungiamo che entro 4 anni sarà completata l'autostrada Salerno-Reggio Calabria a tre corsie e quindi non sarà impraticabile come adesso l'accesso alla Sicilia. E siccome il turismo viaggia al 70% su gomma, ne consegue che i flussi diverranno consistenti. Se poi tra dieci anni ci sarà pure il Ponte sullo Stretto verranno anche gli esquimesi a vederlo. Il futuro sta qui e non per nulla c'è questa frenesia nel costruire nuovi alberghi. A Taormina - pur intasata - ne stanno costruendo due e ripristinando altri come lo storico Atlantis Bay di Mazzarò, Siracusa sta riaprendo i suoi vecchi gioielli di Ortigia, la Valtur ha un programma concordato con la Regione per 5500 posti letto nei suoi villaggi turistici. Alberghi, campi da golf e porti turistici: è questa la formula. E poiché tutte queste cose non mortificano il paesaggio ci sembra giusto che tutti gli esperti del settore indichino la Sicilia come la nuova frontiera del turismo. Prima di rallegrarci pensiamo però alle nostre magagne: non abbiamo in questo settore la professionalità necessaria. Finora lo stesso polo turistico più celebre, Taormina, non ha la minima idea di cosa significhi fare turismo, tanto vero che i suoi negozianti a sera abbassano le saracinesche, mentre in tutte le altre località di villeggiatura i negozi stano aperti sino a tarda ora. E' vero che altrove la stagione dura sessanta giorni, mentre da noi trecento, ma bisognerà pure venire incontro alle necessità di chi viene a farci visita. Mancano anche quadri intermedi e camerieri, bisogna dunque incrementare le scuole che sfornano cuochi e sommelier, direttori di sala e addetti ai vari servizi. Bisogna professionalizzarci perché i turisti portano ricchezza e occorre saperli trattare in modo che tornino e facciano buona propaganda alla Sicilia. Ultima notazione: gli aeroporti di Fontanarossa e Punta Raisi. Sono i primi biglietti da visita per il forestiero. Eppure sono intasati e caotici. Ci vorranno anni perché lo scalo catanese completi la ristrutturazione, e anni anche a Punta Raisi per organizzarsi meglio. Chi viene dalla zona orientale - diciamo Cefalù - deve attraversare tutta la circonvallazione perdendo un sacco di tempo, soprattutto d'estate. Torniamo alla domanda iniziale: meglio un turismo diffuso che massiccio, concentrato in poche "isole". E poi tanti campi da golf, per favore. Sono una miniera perché portano un turismo ricco.

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