ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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Scuola

Troppi bulli tra i banchi

di Katia Scapellato

La scuola è il loro palcoscenico. Si autodefiniscono “i più famosi della classe”, meglio noti come “bulli”.

I video girati con i telefonini hanno permesso di sbirciare in un mondo altrimenti invisibile. I protagonisti appartengono a tre categorie: i carnefici, le vittime e l’audience. Le classi funzionano infatti come circuito mediatico. A girare i video non sono i bulli, ma la troupe dei vice-famosi, la corte che circonda i prepotenti e vive di luce riflessa. Per i bulli “sei famoso se tieni gli altri sotto di te”.

Quelli famosi si fanno “prestare” i soldi senza restituirli, o pretendono le merende, non per mangiarsele, solo per far vedere che sono potenti.

Ci sono poi gli studenti fortunati, quelli che - ad esempio - giocano bene a calcio e piacciono alle ragazze, così non devono “cercare rissa” per diventare “importanti”. Ma sono più frequenti le situazioni in cui, per avere un ruolo all’interno della classe, come minimo devi tenere i piedi sul banco durante la lezione, ma è ancora più facile diventare un leader se fai come quello che “rutta in faccia al prof”. E il prof? Magari decide di farlo sospendere per due giorni, ma quando il “bullo” torna a scuola è più famoso di prima e i compagni lo accolgono con l’applauso.

“Purtroppo le storie delle vittime del bullismo arrivano nello studio di uno psicoterapeuta quando il disagio è oramai consolidato - spiega il dottor Salvo Scardilli, psicologo - La difficoltà maggiore è infatti riuscire a valutare l’entità del problema. Compito questo che spetta inizialmente a docenti e familiari. I segnali più evidenti sono il calo dell’apprendimento e le continue assenze. E mentre i bulli rifiutano gli aiuti (il più delle volte dicono che volevano solo giocare con il compagno di classe: “l’ho spinto per scherzo!”), le vittime, quando riescono a instaurare con lo psicologo un rapporto di fiducia, sono finalmente in grado di tirare fuori il problema”.

- Ma quello del bullismo è un fenomeno recente?

”Un problema - risponde il dott. Scardilli - diventa tale quando viene individuato e quindi studiato. Basti pensare a come De Amicis, nel libro “Cuore”, descriveva il personaggio di Franti: lo definiva malvagio, uno che rideva dei compagni in lacrime e che quando faceva a pugni faceva male davvero. Questi comportamenti, insomma, esistevano anche in passato”.

- Ma è l’omertà la vera nemica della sicurezza di un giovane.

“Il silenzio degli alunni, compagni di classe della vittima, è un fatto ricorrente - aggiunge lo psicologo Salvo Scardilli -. Sono coscienti di assistere a violenza, a prevaricazione ma non hanno il coraggio di denunciare. La loro paura è che se la vittima cessa di essere tale, quel ruolo potrebbe toccare a uno di loro”.

Le “vittime” sono, per lo più, soggetti sensibili, ma al contempo ansiosi ed insicuri. Talvolta soffrono anche di scarsa autostima. I bulli invece hanno un forte bisogno di dominare gli altri e si dimostrano spesso impulsivi.

Un ruolo importante lo ricopre, ovviamente, il genitore. L’uso eccessivo di punizioni fisiche porta il ragazzo ad utilizzarle come strumento per far rispettare le proprie regole. Mentre il grado di istruzione dei genitori, il livello socio-economico non sembrano essere correlate con le condotte aggressive dei figli.

Viene poco considerato, perchè meno vistoso rispetto a quello maschile, il “bullismo femminile”. È meno fisico e più verbale. Di solito la “bulla” s’atteggia ad “ape regina” e si circonda di altre api isolando chi non le è gradita. Mette in atto, nei confronti dell’ “esclusa”, un vero e proprio comportamento persecutorio fatto di pettegolezzi e falsità infondate.

La prevenzione, in tutti e due i casi, deve interessare gli alunni, gli insegnanti e i genitori. “La scuola - conclude il dottor Scardilli - deve farsi carico dei problemi attivando una programmazione contro le prepotenze e promuovendo interventi tesi a costruire una cultura del rispetto e della solidarietà tra gli alunni e tra alunni ed insegnanti. Il compito degli insegnanti è quindi quello di intervenire precocemente finché esistono le condizioni per modificare gli atteggiamenti inadeguati”.