L'Annuario
La "pasta di San Giuseppe"
Nella speciale graduatoria stilata dagli studiosi di tutto il mondo che riporta la classifica dei principali prodotti derivati dal grano, la pasta occupa il secondo posto dopo il pane che rappresenta appunto il primo prodotto derivato da questo cereale.
Ed è proprio sulla pasta, ma su una pasta molto speciale, che, in questa sede abbiamo puntato i nostri riflettori, poiché, per la città di Raddusa, essa rappresenta la storia, la cultura, la tradizione e la civiltà.
Parliamo della “Pasta di San Giuseppe”; un piatto unico, prelibato e dal sapore eccezionale, che gli antichi avi raddusani hanno dedicato al Santo Patrono della città.
Ora, se per pasta intendiamo quel prodotto alimentare ottenuto da un impasto di farina e acqua, modellato, essiccato e successivamente cotto in acqua bollente, il problema che si pone chiunque voglia ricostruire la storia della pasta è quello di fissare il momento iniziale della sua apparizione sulla tavola.
L’assenza di documenti e di fonti certe ci ha reso la strada molto ardua, ma noi ci siamo avventurati lo stesso nella ricerca e, con l’ausilio dei contributi in nostro possesso, siamo riusciti nell’intento che ci eravamo prefissati.
E’ certo che, nei secoli bui seguiti alla caduta dell’Impero Romano, la massaia dovette, di tanto in tanto, mettere in pentola qualcosa di simile alla pasta come noi la intendiamo oggi, magari utilizzando farina di granaglie diverse come la spelta, l’orzo o la segola. Ma per avere le prime descrizioni sulla pasta per come noi la intendiamo, bisogna fare un salto di qualche secolo quando, all’inizio del secondo millennio, alcuni sciambecchi musulmani sbarcarono in Sicilia. Infatti, nel 1154, il grande geografo arabo Al Idrisi, nel suo “Libro di Ruggero” dice che “In Sicilia vi è un paese chiamato Trabìa, luogo incantevole dotato di acque perenni e di mulini. Il questo paese si fabbrica un cibo di farina di grano a forma di fili di ferro”.
Dunque in quel momento la pastificazione era già stata inventata e nel paese di Trabìa, com’è facile intuire, si producevano da tempo gli attuali maccheroni o spaghetti che dir si voglia. Alcuni documenti scritti nel XIII secolo recitano che “la pasta, nei diversi formati casalinghi, è ormai diffusa su tutto il territorio italiano”. Certo è difficile dimostrare perché la pasta si sia accasata maggiormente in Italia fino a diventare oggi parte integrante del Dna degli italiani. Ma tant’è.
Ora, premesso che Raddusa è sorto nel 1810, quando la pasta già esisteva e del suo uso se ne faceva largo consumo, occorre dire che anche i raddusani hanno contribuito allo sviluppo ed alla varietà dei formati imprimendo ad una pasta speciale il proprio marchio di riconoscimento. Si tratta della “Pasta di San Giuseppe” che il popolo raddusano ha voluto dedicare al Santo Patrono della città, essendo essa considerata come il prezioso dono di una divinità, San Giuseppe appunto, tra le più amate dalla comunità cattolica. Oltre ad essere un alimento reale, la “Pasta di San Giuseppe” è il cibo-simbolo degli “Altari”, che i raddusani innalzano al proprio Santo, per grazia ricevuta, nella festa a Lui dedicata il 19 marzo di ogni anno, è lo statuto ideologico di tutta la comunità raddusana.
A Raddusa non c’è massaia che non sappia preparare e cucinare la “Pasta di San Giuseppe” o che non si sia mai cimentata nella sua preparazione. Su tutte le massaie raddusane di oggi, esperte nella preparazione della “Pasta di San Giuseppe”, spicca la figura popolarissima della signora Clementina Greco Pistorio che, ogni anno, in occasione della “Festa del Grano”, su incarico dell’Amministrazione comunale, ne prepara artigianalmente una quantità industriale che, una volta cotta e condita, viene distribuita gratuitamente alle migliaia di partecipanti alla festa.
Ma qual è il segreto di tale pasta che è ormai molto conosciuta ed apprezzata dai principali buongustai del mondo?
Ci avventuriamo nella sua descrizione, ma, ai più curiosi, consigliamo di venire a Raddusa, magari in occasione della popolare “Festa del Grano”, per gustarla di persona e capire la bontà del suo valore nutritivo.
La “Pasta di San Giuseppe”, nella sua forma si avvicina molto alle lasagne o tagliatelle che dir si voglia, derivate da un impasto di farina di grano duro biondo raddusano e uova fresche di galline allevate allo stato brado, che viene stirato con l’apposito matterello e poi tagliato a striscie larghe di almeno un centimetro.
L’essiccamento avviene in modo naturale ed a temperatura ambiente. La cottura avviene in modo normalissimo nell’acqua bollente dove prima è stato sbollinato l’originale finocchietto selvatico delle contrade Manca e Calderone che emana un profumo particolare e conferisce alla pasta un sapore eccezionale.
Prima di essere servita a tavola viene condita con legumi vari, soprattutto fagioli e ceci, cucinati a parte, e impreziosita con gli aromi naturali che sono: il sale, il pepe e, soprattutto, la speciale cannella che rappresenta la caratteristica principale di tale pasta divenuta ormai famosa in tutto il mondo, tanto da sollecitare il turista a venire a Raddusa per gustarla e verificare le sue qualità organolettiche.
Se oggi la città di Raddusa è molto conosciuta nel mondo, gran parte della sua notorietà la deve anche alla genuinità della sua cucina e, soprattutto, alla bontà della sua “Pasta di San Giuseppe”.