ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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Società

Donne da tutelare

di Gigi Macchi


La Sicilia, storicamente terra di mafia e di violenza, negli ultimi tempi ha tentato e ottenuto un significativo riscatto «sul campo». Almeno per quel che riguarda la violenza alle donne. Questa sorta di riscatto parte da Siracusa, dal «profondo» sud dell’isola ed è dovuto alla determinazione di una donna che in Parlamento si è autenticamente battuta per il ripristino di una reale situazione di parità fra uomo e donna. Non è riuscita in pieno nel suo obiettivo per le resistenze che le sono state opposte soprattutto da larga parte del suo stesso schieramento. Ma lei ci ha provato, con tutte le forze e con tutti i mezzi. E ancora non dispera, non demorde. E’ una battaglia che vuole vincere e che oggi, non più da ministro ma da semplice parlamentare, Stefania Prestigiacomo (nella foto) continua a portare avanti. Anche perché la situazione è drammatica. Negli ultimi periodi, anche a Roma e Milano, le metropoli di riferimento del nostro paese, episodi se ne sono verificati parecchi e alcuni anche particolarmente gravi.

 - On. Prestigiacomo, perché questa recrudescenza di violenza sulle donne?
 «Credo che le cause siano di due tipi. C’è un incremento che credo sia oggettivo e un incremento, positivo, di denunce. E soprattutto c’è una sensibilità nuova e importante che assegna alla violenza sulle donne un connotato di allarme sociale gravissimo. Come dev’essere in presenza di reati di gravità inaudita come quelli che si sono verificati negli ultimi mesi».
- Quale episodio l’ha colpita di più?
 «Certamente il caso di Hina, la ragazza pachistana sgozzata dal padre perché voleva vivere all’italiana. Io credo che questo orrendo crimine rappresenti uno spartiacque culturale per l’Italia. Rappresenta la brutale presa di coscienza di un conflitto insanabile con cui il nostro paese deve misurarsi nel costruire il proprio modello di convivenza sociale per il futuro. Il conflitto insanabile che esiste fra una cultura che considera la donna una proprietà maschile (del padre, del marito, del fratello) e la nostra cultura (oltre che la nostra Costituzione, il nostro sistema normativo) che ritiene inviolabile l’integrità fisica delle donne, inviolabile il loro diritto all’autodeterminazione. Noi eravamo abituati e sentire questo contrasto insanabile come una cosa lontana da noi. Eravamo abituati a contrapporre l’idea di donna che esiste in occidente a quella che esiste in altre parti del mondo. Il massacro di Hina ci ha imposto di far i conti con la barbarie in casa nostra, a Brescia. E mi rincresce constatare come in estate, a caldo, ma anche ora a mesi di distanza, la sinistra abbia sottovalutato quella tragedia e le sue implicazioni. Ricordo qualche anno fa le sacrosante fiaccolate e le manifestazioni di piazza, a cui anche io da Ministro per le Pari Opportunità partecipai, per una donna, Safiya, che rischiava di essere lapidata in Nigeria per adulterio. Questa estate un crimine, frutto della medesima cultura è stato commesso in Italia e nessuna fiaccolata, nessuna manifestazione, sembrava che i diritti umani fossero andati in vacanza assieme al Governo. Un silenzio che è stato fragoroso anche quando si sono verificati i casi della ragazza islamica di Palermo, picchiata e segregata perché voleva uscire col suo ragazzo, o quello della vedova indiana che si è tolta la vita perché la famiglia voleva imporle il matrimonio con il genero. In tempi in cui si propone di chiedere agli immigrati “esami” di italianità, io credo che si dovrebbe essere rigidissimi, inflessibili, sul valore che chi vuole vivere in Italia deve dare alla libertà, all’autodeterminazione, alla integrità fisica della donna».

 - Crede ci sia bisogno di leggi più dure contro la violenza sulle donne?
 «Credo che ci sia bisogno di aggiornare i nostri strumenti normativi ma anche di proseguire ed intensificare una azione di sensibilizzazione culturale che avevamo iniziato negli anni scorsi e che non può essere interrotta. L’anno scorso, da Ministro, mi sono battuta per l’attivazione di un numero verde, il 1522, contro la violenza sulle donne; sono state avviate campagne di comunicazione e sensibilizzazione su questo tema, ed è stato promosso il finanziamento, con fondi europei della rete antiviolenza, dei Comuni nell’ambito del progetto Urban cui hanno aderito in Sicilia, Catania, Palermo, Siracusa e Misterbianco. E’ un percorso complesso, fatto di molti strumenti, ma che devono essere utilizzati tutti proprio per sradicare dal nostro tessuto sociale la vecchia e nuova violenza sulle donne, quella che si consuma dentro le pareti domestiche e quella delle bande, spesso di minorenni, che aggrediscono le donne per strada.
Modifiche nella normativa, già severa sulla violenza sessuale sono possibili ed opportune per stringere ulteriormente le maglie in quei punti in cui l’applicazione di questi anni ha mostrato carenze. Ho presentato una proposta di legge per eliminare ad esempio la possibilità di patteggiamento per quei reati legati alla violenza sulle donne per i quali è ancora possibile e per l’introduzione del gratuito patrocinio legale per chi denuncia tali reati. Ma molto va fatto a livello locale, per rendere le nostre città più sicure. E non è un caso se a lanciare l’allarme più forte e ad assumere le prime misure concrete in questo senso sia stato un sindaco donna, Letizia Moratti a Milano».                       •