ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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Lavoro

Non c'è posto

di Caterina Caltagirone


ST Microelectronics al palo, sviluppo turistico che non decolla, economia stagnante, rendono drammatica la situazione occupazionale a Catania. Mentre i dati Istat parlano di un aumento dei lavoratori in tutta Italia, nella nostra provincia la situazione è drammatica perché non vi è un comparto in cui non vi sia una vertenza aperta o in cui non si registrino licenziamenti.
Gli ultimi dati disponibili del centro per l’impiego, parlano di più di 60.000 persone in cerca di occupazione e di questi molti superano i trent’anni. Agli sportelli dell’ex ufficio collocamento in via Coviello, in fila sono per lo più padri e madri di famiglia che compilano i moduli per la disponibilità immediata. La cosa strana è che questi possono essere riempiti soltanto da chi non lavora neanche un’ora alla settimana. Numerosi sono infatti, nella nostra città gli espulsi del mondo del lavoro che si devono rimettere in gioco.
Giovanni 35 anni, ex articolista LSU, ha conseguito diversi attestati regionali e, dopo aver lavorato per un periodo a tempo pieno in un grande ipermercato, è stato licenziato in tronco per esubero di personale. Oggi pulisce scale e studi privati, eppure potrebbe fare molto altro: “Ho provato - dice - a bussare alla porta di aziende e professionisti, ma nessuno ha risposto. Tutti dicono la stessa cosa: “conosce qualcuno? No, allora torni in un altro momento”. Ho due genitori anziani e per ora mi arrangio, ma quale sarà il mio futuro? Non lo so, ma non credo roseo”.
Sono centinaia a Catania le persone che come Giovanni ambiscono ad un lavoro che non deluda le loro aspettative. Ma tutti i comparti registrano una sofferenza dovuta soprattutto alla mancanza di infrastrutture che permettano all’economia cittadina di seguire il trend nazionale. Alla più che nota disattenzione da parte del governo nazionale si aggiunge quella dei politici locali tutti presi da giochi di potere che non risolvono il problema occupazionale se non quando si tratta di spartire clientele. A ben guardare, sembra quasi che vi sia una logica malefica che impedisce alla nostra città di avere uno sviluppo armonico e totale.
Ogni autorità, infatti, gestisce il proprio ente come un qualcosa di diverso e scollegato dagli altri. E’ il caso del porto, dell’aeroporto che, se si sviluppassero secondo una logica comune, potrebbero essere una grande fonte di ricchezza, soprattutto per quanto riguarda il turismo. A sentire i sindacalisti, l’unico comparto che “tira” per il momento, è quello edile che però, secondo le previsioni, alla chiusura dei cantieri subirà una battuta d’arresto. Secondo i dati forniti, il settore metalmeccanico langue, e il chimico non sta meglio dato che le piccole aziende presenti sul territorio non riescono a risolvere la crisi che le attanaglia.
La Cesame ha licenziato 100 persone e anche la St Microelectronics, fiore all’occhiello della provincia, registra una flessione che riguarda soprattutto l’indotto. Il modulo M6 non decolla e l’accordo sui 21 turni che consentirebbe una crescita di personale, non è stato ancora siglato.
Anche il settore commerciale, aggredito dalla grande distribuzione non sta meglio. Per un posto di lavoro che dà, ne toglie due al commercio tradizionale creando un turn over spaventoso come quello a cui si assiste in altri settori del terziario come quello dei call center.
Ma non basta protestare occorre agire, chiedono a gran voce gli operatori del comparto in cui la mortalità aziendale, dovuta ad una scelta di ripiego, si attesta intorno al 5 per cento.
Intanto, il vicesindaco di Catania, avv. Giuseppe Arena che ha la delega al Lavoro, lancia un’idea per quanto riguarda la formazione: “Riqualifichiamo chi è stato espulso dal mondo del lavoro, ma anche i giovani, con una formazione mirata al recupero dei vecchi mestieri che stanno scomparendo. Idraulico, elettricista, vetraio, panettiere, addetto all’istallazione di impianti, pizzaiolo, sono tutte figure che mancano e che potrebbero rappresentare una valida alternativa alla disoccupazione. Informatica e inglese non sono le sole discipline che bisogna apprendere anche perché il mercato del lavoro è saturo di figure professionali di tipo intellettuale”.
Infine, ci sono gli extracomunitari che stanno prendendo il posto dei nostri concittadini. Hanno voglia di lavorare e il bisogno li spinge ad accettare le mansioni più umili. Sono impiegati in agricoltura, come nelle case o negli ospedali. A volte sono laureati che pur di ottenere un posto di lavoro sottostanno a condizioni quasi di schiavitù, come le badanti che provengono dall’est e che si prendono cura dei nostri anziani per un piatto di pasta, un letto e qualche euro. E mentre loro si inseriscono nel tessuto sociale, i catanesi continuano a chiedere un’assistenza a volte “comoda”. Insomma, Catania vive il dualismo di una città laboriosa che vuole diventare metropoli ma anche pigra e tipicamente meridionale.