ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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Impresa

Centri commerciali - Di tutto per tutti

di Katia Scapellato

Quando si varca la soglia si è subito travolti da una miriade di odori, suoni e luci multicolori che inebriano la mente. Siamo appena entrati in un centro commerciale, una delle tante piramidi egiziane artificiali edificate quasi sempre alla periferia delle nostre città.
D’estate sono i luoghi consigliati anche dai medici ad anziani e bambini per trovare refrigerio nelle calde giornate in cui la colonnina di mercurio sfiora i 40 gradi.
C’è chi non si perde mai una inaugurazione e c’è invece chi aspetta che le code chilometriche di auto diminuiscano per andare a scoprire le novità. Una cosa è certa: l’apertura di un centro commerciale rappresenta un po’ per tutti una festa.
Vetrine allestite con precisione, colori piacevoli che vogliono evocare un senso di onnipotenza del capitale, alla portata di tutti.
Il loro iniziale successo economico ha incoraggiato le imitazioni e molti altri ipermercati sono stati costruiti pressoché ovunque seguendo la diffusione delle idee di Le Corbusier, il fondatore dell’architettura moderna. L’avvento della grande distribuzione è dunque un passaggio evolutivo inarrestabile.

I seguaci di questa nuova forma di aggregazione sono davvero numerosi, ma lo sono altrettanto quelli che ne denunciano lo “stupro territoriale”. Fra le ragioni di questa crescente preoccupazione ci sono l’inquinamento atmosferico (i centri commerciali sono quasi sempre raggiungibili solo con l’auto), il degrado del paesaggio, l’impatto ambientale e la chiusura dei piccoli negozi.
Quest’ultimo aspetto è stato denunciato a gran voce proprio dalle associazioni di categoria dei commercianti. Per anni, ad esempio, a Catania tra la Confcommercio e i  centri commerciali è stata guerra. Adesso il suo vicepresidente, Piero Agen, fa marcia indietro, o quasi: “Siamo sempre stati contrari alle grandi strutture di vendita. Ho detto e ribadisco che il grande uccide il piccolo - spiega Agen - e invece di creare servizi per certi versi l’ipermercato crea disservizi. Ma alcuni progetti  suggeriscono una esperienza diversa”.
“Mi riferisco - aggiunge il vicepresidente della Confcommercio catanese - alle aree che permettono anche alle piccole o medie imprese commerciali di aprire un punto vendita all’interno oppure restare all’esterno e migliorare il proprio profitto. Insomma un centro così concepito non può che rafforzare o sostituire il tessuto esistente, ma sicuramente non lo distrugge così come avviene invece per tanti ipermercati”.
Il centro commerciale permette insomma al proprietario di un negozio di collocarsi, di riposizionarsi. A fare dunque la differenza, secondo la Confcommercio, è l’aspetto sociale. Non si entra in queste mega strutture solo per fare acquisti ma anche per trascorrere una giornata. Questi spazi infatti sostituiscono quella che una volta era la piazza del paese dove si andava per passeggiare e fare quattro chiacchiere con gli amici.
“Non solo - aggiunge Piero Agen - assicurare anche la presenza di cinema, palestre e piscine vuol dire dilatare il tempo di fruizione del centro e ipotizzare di dilatare, perchè no, anche i tempi di apertura dei negozi”.
Allora il futuro è solo nei centri commerciali?
“Andiamoci piano - spiega il vicepresidente dell’Ascom-Confcommercio - perchè ritengo che in provincia di Catania siamo saturi. Il vero rischio è la desertificazione delle città, come è avvenuto in Francia, dove adesso vengono agevolati e incentivati i commercianti che aprono negozi”.
Il Sud in effetti, rispetto al resto d’Italia, è in ritardo nello sviluppo della distribuzione organizzata. Un ritardo che si sta traducendo in una sorta di rincorsa affannosa al resto del Paese: nelle regioni meridionali c’è infatti una crescita più consistente dei grandi centri di commercio, laddove fino a qualche anno fa trionfavano solo i piccoli negozi frammentati.  
Ma vediamo quanto è “saturo” questo mercato in provincia di Catania. L’ultima, in ordine di tempo, autorizzazione concessa risale al mese di ottobre 2006  e riguarda l’apertura - attesissima tra l’altro - del Gruppo IKEA. Oltre 21 mila metri quadri saranno destinati a un nuovo ipermercato che sorgerà a Gravina di Catania. Ma non è finita. A Tremestieri Etneo la superficie totale di un centro commerciale che verrà presto realizzato sarà di 12.698 metri quadri: al settore alimentare ne verranno dedicati 3.330, più di 2.600 a quello non alimentare. In questo caso a fare la differenza saranno bar, ristoranti, servizi e diversi negozi. Infine, sempre a Catania, zona Pigno, è prevista la nascita di una nuova struttura commerciale che occuperà oltre 48 mila metri quadri di superficie.
Fin qui le “nuove proposte”, ma attualmente nel catanese i centri commerciali già esistenti sono ben 5. Due di questi si trovano a San Giovanni La Punta (uno sta per essere ultimato), gli altri a Misterbianco, Belpasso e San Gregorio. Complessivamente il 60 per cento della grande distribuzione siciliana si trova in provincia di Catania.
All’avvento inarrestabile dei centri commerciali va aggiunta la rivoluzione tra gli scaffali. Al supermercato infatti si trova ormai di tutto. L’impressione è che il decreto Bersani non abbia dato il via soltanto alla vendita dei farmaci da banco, ma abbia favorito anche la grande distribuzione che adesso si prepara ad entrare in settori un tempo considerati off limits. Supermercati e ipermercati sono dunque pronti a sfruttare il proprio marchio per creare nuovi prodotti. Una opportunità questa che se da un lato viene incontro alle esigenze del pubblico, grazie ai previsti ribassi dei prezzi, rischia di ridurre ulteriormente i negozi di quartiere.