ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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Ambiente

Dilemma rifiuti

di Laura Valvo

E’ ormai un’emergenza permanente il problema della gestione dei rifiuti solidi urbani. Un’emergenza che impone nuove prospettive e soluzioni concrete. La termovalorizzazione, da un punto di vista pratico, sarebbe quasi un obbligo per contrastare l’emergenza discariche sature, ma deve contemplare le esigenze del territorio e delle popolazioni che in quel territorio vivono. Così, proprio sui termovalorizzatori, da tempo è scontro frontale tra chi ne decanta la necessità e chi invece ne ipotizza la pericolosità.
Nel mese di settembre il Presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro (nella foto sopra), ha ottenuto il via libera ai termovalorizzatori nell’Isola da parte del ministero della Salute, ma non quello del dicastero dell’Ambiente. Il ministro Pecoraro Scanio infatti ha manifestato la necessità di verificare se le autorizzazioni per i lavori di realizzazione dei quattro termovalorizzatori in Sicilia sono regolari e si è riservato ulteriori approfondimenti.
I quattro termovalorizzatori sorgeranno a Bellolampo (Pa), Augusta (Sr), Paternò (Ct), Casteltermini (Ag) e avranno una potenza complessiva di 156 MW suddivisi in otto linee di produzione. L’energia elettrica così prodotta servirà otto delle nove province dell’Isola: Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Palermo, Ragusa, Siracusa, Trapani coprendo il fabbisogno energetico del venti per cento delle famiglie siciliane. Allo stato attuale tuttavia continua il braccio di ferro tra il presidente Cuffaro «padre» del Piano regionale dei rifiuti e il ministro Pecoraro Scanio per il quale invece l’iter di realizzazione degli inceneritori in Sicilia è viziato da un’autorizzazione irregolare del precedente governo e quindi diventa necessario sospendere i lavori di realizzazione degli impianti.

La problematica rimane complessa, delicata e non di facile soluzione. Per lo smaltimento dei rifiuti infatti non esiste una soluzione unica, dal momento che le scelte sono strettamente legate al contesto geografico, economico e sociale del territorio che deve eventualmente accogliere la termovalorizzazione.
Coloro i quali sono contrari ai termovalorizzatori parlano inevitabilmente delle pericolose emissioni degli impianti, senza considerare che se non si ricicla, le discariche si saturano ad un ritmo vertiginoso. I sostenitori di quella che a tutti gli effetti viene considerata una nuova prospettiva per la gestione dei rifiuti solidi urbani, sottolineano invece che con le attuali tecnologie, gli impianti di termovalorizzazione di nuova generazione, se gestiti secondo le corrette procedure tecniche, presentano valori di emissione molto bassi, grazie agli abbattitori di inquinanti. E anche le temute diossine possono essere quasi totalmente distrutte tramite un rapido trattamento termico ad alta temperatura ed un successivo raffreddamento graduale dei fumi. Secondo gli esperti insomma la termovalorizzazione «presenta il sicuro vantaggio dell’autosufficienza energetica, della produzione di energia elettrica o di acqua calda da impiegare nel teleriscaldamento. Le scorie derivanti dalla combustione inoltre sono riutilizzabili come inerti nel settore dell’edilizia, mentre le ceneri volanti vanno stoccate in discarica, ma occupano un volume del novanta per cento inferiore a quello del rifiuto iniziale, garantendo una vita utile d’esercizio molto più lunga».
Secondo i sindacati, i quali si sono già espressi sulla questione, la termovalorizzazione dei rifiuti non deve essere considera contrapposta o alternativa alla pratica della raccolta differenziata finalizzata al riciclo. Al contrario si tratta di due processi che è necessario integrare per ottimizzare la gestione dei rifiuti urbani, uscendo così da situazioni di emergenza e dall’uso quasi esclusivo della discarica.
Il Piano regionale dei rifiuti nel suo complesso prevede inoltre la realizzazione di alcune strutture, quali impianti di compostaggio, stazioni di trasferenza, impianti di selezione e discariche di servizio che, anche da un punto di vista economico ed occupazionale, rappresentano una quota significativa dell’investimento complessivo del piano.  •