L'Annuario
Economia
FINANZIARIA caos
di Rino Lodato
Questa finanziaria 2007 è nata all’insegna del pressappochismo. E’ una legge che ha scontentato tutti, tranne l’Unione Europea che, subito dopo la presentazione, aveva dato la propria benedizione.
Da quel giorno, però, come era logico attendersi, sono iniziate le polemiche, le manifestazioni di piazza, le variazioni. Di queste ultime, alcune reali, altre soltanto con la stessa norma camuffata di “novità”.
Ogni giorno una sorpresa. E così, come scriveva Massimo Giannini su Repubblica (era il 19 ottobre scorso) dal “cilindro magico della legge finanziaria” usciva ogni giorno una nuova sorpresa. Spariva l’imposta di successione “travestiva da tassa di registro” per poi ricomparire. Si fa un gran parlare dell’esenzione dal bollo per le auto ecologiche, mentre si penalizzano i Suv e tutte le auto di peso superiore ai duemila chili. Poi, quando già alcune Case automobilistiche avevano lanciato i loro promo, ecco sparite le sopratasse sui Suv e l’esenzione per le auto euro 4.
Interviene Napolitano. Lo stesso presidente della Repubblica, Napolitano, infatti, sentito che il governo intendeva ricorrere alla fiducia convocava il premier Romano Prodi, il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa e il sottosegretario Enrico Letta. E diceva in sintesi: “Questo è il momento del confronto parlamentare e sociale”; insomma niente arrocchi, ma ricerca del consenso.
Confindustria, dopo avere stigmatizzato l’articolo della legge riguardante il Tfr all’Inps, ha accolto con favore la parte riguardante il cuneo fiscale. Che doveva favorire le imprese sì, ma anche il lavoratore. E, invece, la parte riguardante i “dipendenti” non esiste. Ma allora come hanno fatto Epifani, Bonanni (che chiede un fronte comune sul Tfr a Montezemolo) e Angeletti a plaudire questa legge?
Titoli di stato: ritenuta al 20%. L’hanno definita una finanziaria di equità. Hanno aumentato la ritenuta fiscale sui titoli di Stato e altri strumenti finanziari dal 12,50% al 20% e, nel frattempo, hanno ridotto l’aliquota della ritenuta sui conti correnti bancari e postali dal 27% al 20%, favorendo Istituti di credito e uffici postali dove affluiranno i risparmi di coloro i quali non avranno più motivo di sottoscrivere titoli di Stato il cui rendimento è defalcato non soltanto dall’aumentata tassazione ma anche dalle commissioni che gli intermediari percepiscono per venderti quei titoli.
Sostanzialmente, anche considerando la riduzione di alcune aliquote Irpef, il governo da una parte dà, dall’altra toglie.
Italia declassata: nel frattempo (e si era al 19 ottobre) l’agenzia di rating Fitch declassava il rating sul debito pubblico da AA a AA-. S&P lo riduceva da AA- a A+. Per ambedue le agenzie l’outlook passava da negativo a stabile. Fitch diceva: difficile attuare la riduzione del debito, dubbi sulla correzione da 15 miliardi. S&P: deboli prospettive di risanamento. Padoa Schioppa: prendo atto delle valutazioni, la Finanziaria fa una correzione strutturale di una pesante situazione ereditata. E sbotta: “Avete visto? Ve l’avevo detto io...”. Neanche citava l’oggetto del contendere. Non diceva mai esplicitamente a cosa si stesse riferendo. Non serviva. Quando, sul finire del Consiglio dei ministri, Tommaso Padoa Schioppa ha iniziato a sventolare un bigliettino con l’annuncio di Standard and Poor’s e di Fitch sul declassamento del nostro debito pubblico, tutti hanno capito. “Vi avevo detto che dovevamo essere rigorosi”, incalzava il ministro dell’Economia. Nessuno ribatteva.
Anzi. Altre batoste arrivavano per l’Italia dalla stampa estera (sempre pronta a saltarci addosso). “Un nuovo grattacapo per Prodi” titolava il Financial Times in prima pagina, con foto grande di Romano Prodi. L’edizione europea del Wall street Journal titolava (era il 21 ottobre): Il downgrade dell’Italia può minare l’Eurozona”. In sostanza l’Italia è un peso per tutta Eurolandia.
Ma il governo va avanti e il 23 ottobre trova l’accordo con le parti sociali per il Tfr.
L’accordo per il Tfr.
Le aziende. Intanto ci si chiede come faranno le banche a concedere prestiti alle aziende che non dovessero poter rispettare i parametri voluti da Basilea 2. E, secondo gli addetti ai lavori, non saranno poche. Anche perché, e questo è il secondo punto, le aziende sono già esposte nei confronti del sistema bancario e difficilmente potranno aumentare il loro debito. Allora la strada da percorrere per evitare il fallimento sarà inevitabilmente quella del “rimpicciolimento” dimensionale, cioè scendere sotto i 50 dipendenti. Per le medie imprese, la soluzione potrebbe essere quella di creare altre aziende cui trasferire il personale per così dire in esubero. Per le altre il licenziamento di parte del personale potrebbe diventare vitale. Un ulteriore guaio sarebbe quello che ad un rimpicciolimento dimensionale potrebbe farne seguito uno competitivo (ad esempio riduzione delle esportazioni).
Ma vediamo cosa accadrà dal prossimo primo gennaio per i lavoratori.
Il maturato: nessuno lo tocca. Rimane alla aziende il Tfr maturato fino al 31 dicembre 2006. E su tale importo il dipendente, dopo otto anni di servizio, potrà continuare a chiedere fino al 70% di anticipazione per acquisto di prima casa (anche per un figlio) o per spese mediche. Sul capitale maturato l’azienda continuerà a riconoscere un interesse annuo di circa il 3%.
L’Inps: anche sulla parte eventualmente versata all’Inps si potranno chiedere le anticipazioni di cui all’art. 2120 del Codice Civile.
La scelta: entro sei mesi dal primo gennaio 2007 il lavoratore dovrà decidere a chi affidare la propria liquidazione (i nuovi assunti avranno sempre sei mesi di tempo dalla data di ingresso nell’azienda).
Il silenzio-assenso: è il meccanismo secondo il quale la quota finora destinata al Tfr andrà, in via prioritaria, a un fondo pensione. Se il lavoratore non sarà d’accordo dovrà renderlo noto all’azienda che, se ha un numero di lavoratori da 50 in su, girerà l’importo all’Inps; nel caso in cui il numero dei dipendenti non arrivi a 50, il Tfr rimarrà in azienda. E’ il momento più delicato, quello delle scelte. Soprattutto per chi dovesse aderire al passaggio del Tfr all’Inps che riconoscerà gli stessi interessi del datore di lavoro (in questo momento, abbiamo visto, circa il 3%). Oppure si va ai fondi pensione. Anche i dipendenti di aziende con un numero di dipendenti inferiore a 50 potrà versare il Tfr maturando a un fondo pensione. La soglia dei 50 dipendenti sarà riesaminata dal governo nel 2008.
Fondi pensione. Luci ed ombre. I fondi pensione sono gli strumenti tecnici individuati dal legislatore per realizzare la pensione complementare, aggiuntiva rispetto a quella erogata dagli enti pensionistici obbligatori (Inps, Inpdap, ecc.). Fino a qualche anno fa sono stati principalmente legati a specifiche categorie, come le banche e le assicurazioni, o a singole aziende che introducevano esperienze già realizzate in altri Paesi.
In Italia non hanno ancora avuto un grande sviluppo, probabilmente perché finora la copertura del sistema previdenziale pubblico è stata più che buona. C’è da fidarsi? Andando alla patologia del capitalismo Usa non ci si può dimenticare delle decine di migliaia di ex dipendenti di Enron, Worldcom e Tyco che hanno visto volatilizzare non solo il posto di lavoro ma anche la propria pensione (nel caso specifico di Enron il fondo interno era esposto per ben il 63% in azioni della società). Necessita, dunque, la massima attenzione, anche se è difficile prevedere un buco come quello del colosso Enron. Esistono, comunque, fondi di categoria, cioè datori di lavoro e sindacati (giornalisti, avvocati, ingegneri, bancari, ecc.), ma sono pochi, quindi la maggior parte dovrà rivolgersi a intermediari finanziari.
Il passato: gli importi cumulati fino al 31 dicembre 2006 rimarranno presso il proprio datore di lavoro. In sostanza le norme che finora hanno regolato rivalutazione, liquidazione e anticipazione del trattamento di fine rapporto rimangono confermate, in quanto acquisite.
Fine rapporto: al momento di andare in pensione datore di lavoro e Inps erogheranno il capitale rivalutato; il fondo pensione, invece, una rendita.