ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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SUBACQUEA
Dormono, i giganti del mare...

Vacanze alternative? Beh, se proprio volete, mettiamola pure così. Alla fine, un’esperienza adrenalinica, qualcosa ai limiti dell’esoterico, di quella sottile e quasi impalpabile sostanza di cui, a volte, sono fatti soltanto i sogni. Quella che vi raccontiamo, invece, è realtà.
Tutto nasce in una tiepida serata primaverile quando, tra una pinta di birra, qualche biscotto salato e un po’ di frutta, parliamo con un vecchio amico, Guido Capraro. Si parla di una passione antica come la musica, del rock duro dei Deep Purple e dei Motorhead, fino a quando, inevitabilmente, la discussione cade sulla subacquea. “Ma tu fai l’istruttore?”. Ebbene sì. Guido Capraro è un istruttore tecnico.
Lo sappiamo bene perché lo abbiamo intervistato altre volte su questo argomento.
Ma stavolta la nostra battuta, che non è proprio una battuta, trova nell’interlocutore una spugna decisa a non mollare. “Perché non mettiamo su un team e organizziamo un tour dei relitti?”.
Detto fatto. E così nasce il Dive: Tek Ultradive Team. Già l’indomani, ci ritroviamo con Guido Capraro e un cameraman messinese, anch’egli istruttore subacqueo, Salvatore Campolo, a pianificare la nostra estate in immersione.

Cosa ci fanno un giornalista, un istruttore specializzato in immersioni profonde e un cameraman sott’acqua? Beh, la risposta è scontata: un documentario.
Cioè, andiamo a visitare una serie di relitti e filmiamo la nostra esperienza.
Ma non solo per rivederci qualche giorno prima di Natale, davanti a un panettone stracarico di uvetta per ridere delle nostre... disavventure. L’obiettivo è di rendere chiunque partecipe di questa esperienza, far vedere che in Sicilia esiste un turismo “alternativo”, che se non c’è la barriera corallina e non ci sono molte strutture adatte a facilitare ed incrementare il turismo subacqueo, è pur possibile organizzarsi nel migliore dei modi.
Prima di tutto, sottolinea Guido Capraro, è fondamentale l’addestramento.
Da qui ai prossimi mesi andremo ad affrontare immersioni non proprio facili. In presenza di corrente, a profondità impegnative, andiamo dai venti ai settanta metri di profondità. Dunque, anche le attrezzature devono essere adatte all’impiego.

Ed è anche per questo motivo, e al fine di ottimizzare il lavoro, che al team si aggiungono altri due sommozzatori, Stefano Altavilla e Nunzio Giardinaro con il ruolo di “Safety Team”, cioè di addetti alla sicurezza, perché a certe profondità anche una minima distrazione può trasformarsi in un errore fatale.
Con noi, anche una biologa, Eliana Saglimbene. Qualche tuffo per affiatarci e via. L’avventura comincia.
Si carica l’auto nel buio della notte. Si va a fare colazione quando gli altri escono dalle discoteche e si ritrovano per un cornetto prima di andare a dormire.
Il nostro itinerario parte da Messina, dove, poco prima di Punta Faro, a poche bracciate dalla riva, è adagiata in posizione di navigazione una nave che alcuni subacquei chiamano Amerik, altri Solferino. A noi piace l’idea di chiamarla semplicemente “U Vapuri”, come fanno i pescatori. È adagiata su un fondale che scende dai 33 ai 68 metri. È in posizione di navigazione e si presenta con la maestosa prua come se nel suo sonno eterno stesse ancora sognando di navigare.

Intorno ai 50 metri è ben visibile ciò che resta dell’alloggio del comandante dove spicca la vasca da bagno.
Sulle murate danzano incessantemente, sospinte dalla corrente, meravigliose gorgonie.
E sempre a Messina, diamo un’occhiata al Rigoletto. Parte della nave fuoriesce dall’acqua ed è ben visibile dalla riva.
Ma è tempo di rimettersi in viaggio. Ci spostiamo più a Sud, superiamo Siracusa per raggiungere Avola. Carichiamo l’occorrente sul gommone, e dopo circa venti minuti di navigazione giungiamo a destinazione.
Sotto di noi, adagiata su un fondale di 53 metri, giace la cossiddetta Nave del Sale. In realtà il suo nome è Resental-Nevada. Lunga 57 metri e larga 9, con una stazza lorda di 1.210 tonnellate, smise di solcare i mari il 30 gennaio del 1979.
Su questo relitto una murena in fase di caccia sfida l’obiettivo della telecamera ingaggiando un duello con l’operatore.
Facciamo base al porto di Riposto, a pochi chilometri da Catania, dove alcuni amici ci accompagnano sullo Zatterone. Si tratta di un mezzo da sbarco affondato in data non precisata. Appoggiato su un fondale lievemente inclinato, presenta il suo punto di massima profondità, ovvero la zona poppiera, intorno ai 53 metri.
L’8 luglio del 1978, nel piccolo golfo del Firriato, a ridosso della Tonnara di San Vito lo Capo, un violentoincendio provoca l’affondamento del Kent, un cargo cipriota proveniente da Siracusa. Andiamo a trovare Stefano Baldi, che a San Vito Lo Capo lavora con il suo Diving e che farà da cicerone alla nostra immersione. Il carico della nave era composto da venti tonnellate di polietilene, 1.400 chili di sigarette, 32 tonnellate di zampironi e centinaia di libri sacri del Corano. E proprio questi ultimi regalano all’imbarcazione il soprannome di Nave dei Corani.
Completata la visita al Kent, abbiamo l’opportunità di spostarci verso Palermo dove, a Scopello, ci tuffiamo sul relitto del Capua. Il mercantile italiano affondato a causa di un incendio, nel periodo della seconda guerra mondiale, si trova su un fondale sabbioso fra i 35 e i 40 metri. Trasportava un carico di armi destinato alle truppe italiane a Tripoli.
Il tour, per il momento, si esaurisce qui. In punta di piedi, anzi in punta di pinne, riprendiamo la rotta di casa. In silenzio. Per non disturbare il sonno eterno di questi giganti del mare.

Dino Lodato