ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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La lenta marcia del treno Italia

di Rino Lodato

La sede del Ministero del Tesoro

Il cane si morde la coda. I prezzi aumentano, i consumi diminuiscono, le aziende riducono il personale, ricorrendo alla cassa integrazione prima, e successivamente alla mobilità, anticamera del licenziamento.
È questo il leit motif economico dell’anno che ci sta per lasciare. Non meno importante è quello relativo alle pensioni. E su tutte e due i fronti è scontro. Sul primo, quello tra i consumatori (intesi sia come persone fisiche, sia come associazione dei…) e l’Istat. E tra quest’ultima e l’Eurispes. L’istituto di statistica, che mai dovrebbe essere messo sotto accusa, visto che i numeri, come la matematica, non dovrebbero e non sono un’opinione. E invece lo stesso presidente Biggeri si lascia trasportare dagli eventi e parla di ‘inflazione percepita’. I commercianti si difendono dalle accuse e sparano a zero sulle tasse, sull’aumento delle tariffe elettriche e degli affitti, sui vari passaggi delle merci, prima di arrivare al venditore finale. Sul fronte delle pensioni, i sindacati hanno accusato il governo di essere “bugiardo” per ben otto volte.
Ma queste cose tutti le conosciamo, se appena ci teniamo aggiornati. Quello che vorremmo sapere è, invece, al di là delle polemiche più o meno oziose, più o meno politiche o politicizzate, come si esce dal guado. Guardiamoci intorno. La Fiat di Termini Imerese (con il suo indotto) è ancora aperta, grazie alle proteste di tutta una regione, ma sempre nella zona del palermitano, resistono ma sono in crisi Imesi, Keller, Italtel.
I Cantieri Navali hanno ridotto il personale a meno di 600 persone e in febbraio potrebbero rimanere senza commesse. Ma, per fortuna nel capoluogo, c’è la Regione con i suoi numerosi uffici e dipendenti. Catania, finita l’era dei cavalieri del lavoro costruttori nel campo dell’edilizia, continua a navigare attorno ai vari dipartimenti dell’Università degli Studi, alle banche e, naturalmente, alla sua invidiata Etna Valley, comunque attraversata pure da qualche lampo di crisi.
Via Etnea, a Catania, sta rifiorendo di negozi, ma la maggior parte sono catene di grandi magazzini o “frachising”. È il caso di quasi tutti i negozi della catena Spatafora (accade anche a Palermo): ora si chiamano Sisley o Benetton, per citare soltanto due nomi. E, stranamente, quelli aperti (anche in Corso Italia) sono sempre più numerosi rispetto a quelli che chiudono.
Guidano la classifica dei più gettonati i negozi di calzature, seguiti da quelli di abiti per ragazzi e ragazzine, quindi quelli di intimo. Lo stesso discorso vale, più o meno, per la via Libertà o via Ruggero Settimo, a Palermo. Ma in tutte e nove le province, anche nell’anno che si avvia a conclusione, nelle nuove aperture prevalgono i negozi di componentistica (telefonini a go go, computer un po’ meno). Ma allora in Sicilia c’è o non c’è crisi. Secondo gli ultimi dati della Fondazione Curella, nel 2003 il Sud crescerà più del Nord e anche per il prossimo anno le previsioni di crescita per il Mezzogiorno sono più rosee, rispetto al resto d’Italia.
Ma il rovescio della medaglia presenta una faccia completamente negativa: si ferma l’occupazione, crolla l’export (e non c’entra il dollaro debole o, se si vuole, l’euro forte). Appunto l’occupazione. Piazza Duomo a Catania (davanti al Municipio) e la piazza antistante Sala d’Ercole a Palermo, fotografano la situazione occupazionale. Ogni giorno una manifestazione. Ogni giorno uno, cento, mille cittadini senza lavoro, o che stanno per perderlo, gridano la loro rabbia. Secondo la Fondazione Curella, nel 2004 la progressiva ripresa dell’attività produttiva e gli effetti derivanti dalle misure di flessibilità introdotte nello scorso mese di settembre, potrebbero imprimere una moderata accelerazione alla domanda di lavoro. Domanda che potrà trovare contropartita soltanto se, nel frattempo, sarà ripartita la locomotiva dell’economia italiana. La quale, però, assieme al resto dei paesi del Vecchio Continente, nutre prevalentemente la speranza di aggregarsi alla ripresa statunitense. Ma la Sicilia (con l’Italia) deve trovare da sola la via della ripresa. In questa nostra Isola si aspetta sempre qualcosa o qualcuno che ci dia una mano. Magari un’eruzione dell’Etna, o un terremoto. Tutti ci rendiamo conto che è un paradosso. Ormai i tempi sono cambiati. E ciascuno deve camminare con le proprie gambe. Se poi si inizieranno i lavori per il Ponte sullo Stretto. Se poi si faranno le ferrovie, le autostrade. Se poi… Allora si vedrà. Dice un vecchio e saggio proverbio “aiutati che Dio ti aiuta”.