ventitreesima edizione

2) L'Annuario

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Il vino e l'olio
biglietti da visita dei prodotti
"made in Sicily"

A tu per tu con il vicepresidente della Regione siciliana
e assessore all'Agricoltura e Foreste, Giuseppe Castiglione
Il vicepresidente della Regione
Siciliana e assessore all'Agricoltura
e Foreste, Giuseppe Castiglione

- Assessore Castiglione, siamo nel “semestre italiano” per l’Europa, definito il periodo “Euro-Mediterraneo”. La Sicilia si trova in una posizione geografica strategica. Quale sarà il ruolo che verrà svolto dal governo dell’Isola in questi mesi? Quale in ambito agricolo?
“La posizione del ministero dell’Agricoltura per il semestre di Presidenza Italiano dell’Unione sottolinea fortemente la centralità dell’apertura al Mediterraneo attraverso un pacchetto di iniziative finalizzate a dar seguito alla Conferenza di Barcellona per arrivare alla creazione dell’area di libero scambio del Mediterraneo per il 2010. Il Governo regionale supporterà questa strategia rafforzando, nella prospettiva di una maggiore competizione sui mercati agricoli, la posizione competitiva delle nostre filiere produttive che dovrà basarsi sulla qualità e tipicità dei nostri prodotti”.
- Come giudica l’attuale riforma della PAC?
“L’intesa raggiunta tra i ministri agricoli dell’UE, pur penalizzando sempre le agricolture dei Paesi mediterranei, determinerà effetti di gran lunga più contenuti rispetto a quelli che si sarebbero osservati per effetto delle proposte iniziali della Commissione. Nel complesso quello raggiunto dovrebbe essere un buon compromesso in grado anche di facilitare la posizione negoziale dell’Unione Europea sul tavolo della trattativa del WTO”.

- Lo strumento dei POR sta riscontrando successo? Come può essere migliorato?
“I bandi sinora pubblicati hanno suscitato sempre un grande interesse nei produttori agricoli. Infatti le domande hanno sempre superato le dotazioni finanziarie a disposizione. Uniche eccezioni sono state la misura 4.13b, per la quale abbiamo provveduto al cambio della scheda tecnica e la misura 4.09 per la quale le domande erano arrivate, ma molte sono state giudicate non ammissibili per errori formali. Tuttavia, bisogna ammettere che, in generale, c’è stata un po’ di diffidenza sia nei confronti delle nuove modalità selettive (bandi pubblici), sia per il livello di contributo pubblico inferiore rispetto a quello previsto nella passata programmazione (POP >1994/99). Anche la macchina amministrativa ha stentato ad adeguarsi alle nuove procedure ed i nuovi bandi di prossima pubblicazione vedranno modalità operative differenti in modo da dare risposte in tempi più brevi alla utenza agricola”.
- Considera adeguati i meccanismi comunitari e nazionali per finanziare lo sviluppo dell’agricoltura siciliana. Quali potrebbero essere le strade da seguire per migliorare queste forme di finanziamento?
“Non sempre il meccanismo comunitario riesce a dare risposte adeguate alle esigenze degli imprenditori agricoli soprattutto nel caso delle piccole e medie imprese che avevano sino ad oggi eseguito una buona parte delle opere di miglioramento fondiario attraverso l’impiego della forza lavoro familiare e di mezzi aziendali.

Oggi l’obbligo di rendicontare tramite fatture quietanzate obbliga a demandare all’esterno una buona parte delle operazioni da eseguire con conseguente aggravio di costi oltre alla impossibilità di recuperare l’Iva versata dalle imprese in contabilità semplificata. Per facilitare la spesa e aumentare il livello di interesse da parte delle piccole unità produttive bisognerebbe allargare la gamma delle operazioni eseguibili in economia ed aumentare il tasso di contribuzione pubblica nel caso delle piccole e piccolissime imprese che operano in contabilità semplificata. Inoltre, molto spesso avviene la sovrapposizione nel territorio di diversi strumenti (Patti, Patti agricoli, contratti di programma, etc.) che spesso attivano le stesse azioni con percentuali di contributo diverse e modalità di accesso ai finanziamenti diverse. Ciò genera molta confusione nell’utente e difficoltà ad orientarsi”.
- Il Ministero delle Politiche agricole sta offrendo il giusto supporto alle esigenze regionali in ambito agricolo? Cosa occorre fare per rendere questo rapporto più efficiente?
“Il Ministero ha sicuramente, nel corso degli ultimi anni, allargato il dialogo con le Regioni, prevedendo incontri tecnici e politici su temi di particolare interesse ed attualità. Anche nella previsione di una maggiore presenza delle Regioni a fianco del Ministero sul piano internazionale, così come previsto dalla recente legge La Loggia, bisognerebbe istituzionalizzare il raccordo tecnico per facilitare e rendere proficua la interlocuzione politica”.

- È soddisfatto dei passi fatti fino ad oggi per il miglioramento dell’agricoltura siciliana?
“Sicuramente nel corso dell’ultimo biennio sono state sviluppate molteplici iniziative sia per rispondere a specifiche esigenze degli operatori (siccità, blue tongue, etc.) sia per rilanciare la capacità competitiva del nostro sistema produttivo (Piano riordino fondiario, attivazione misure POR, etc.). Tali interventi potranno sicuramente estrinsecare la loro efficacia nel lungo periodo e non tarderanno a far sentire i loro effetti”.
- Il caso Bse è da considerarsi chiuso? Quali i risultati raggiunti?
“Ritengo che i casi di Bse in Italia saranno sempre più sporadici. Il divieto di impiego delle farine di origine animale, ormai da diversi anni è di fatto drasticamente ridotto facendo diventare “rari” i casi di Bse. Di contro abbiamo creato un efficace sistema di controlli ed un sistema di allarme rapido che permette di individuare immediatamente qualsiasi anomalia legata alla Bse. Parliamo piuttosto della presa di coscienza del problema da parte del consumatore, il quale ha “digerito” e superato il momento più critico, grazie anche agli interventi effettuati con la etichettatura obbligatoria, la tracciabilità della filiera carne che ha coinvolto tutti gli operatori. Inoltre le azioni significative avviate ed in corso anche da parte di questo Assessorato sono mirate a rendere, anche con gli strumenti della ricerca, ancora più trasparente e sicura la carne. È fortemente sentita l’esigenza di coinvolgere e supportare gli operatori della filiera, è con questi interventi che è stata elevata la soglia di attenzione da parte delle istituzioni. Dunque questi i risultati più diretti ormai raggiunti. La Sicilia tra l’altro, avendo pagato un prezzo elevato che non risponde al sistema zootecnico brado tipico e con popolazioni animali autoctone, con una importazione dell’80% di animali provenienti principalmente dalla Francia, ha immediatamente avviato un sistema di analisi e monitoraggio della qualità della carne prodotta e commercializzata in Sicilia. Il risultato finale raggiunto è quello di un aumento del consumo di carne (23 kg di consumo pro capite).
- Sicilia sta diventando sinonimo di qualità, soprattutto in ambito agricolo. Quali saranno i prossimi passi per migliorare ulteriormente il “made in Sicily”?
“Il crescente successo sui principali mercati europei e mondiali di alcune produzioni ed in particolare del vino hanno rilanciato l’immagine della Sicilia come produttrice di prodotti agroalimentari di elevata qualità. Lo sforzo realizzato attraverso le misure del POR per aumentare il livello qualitativo delle altre produzioni e per conseguire prodotti finiti immettibili direttamente nei circuiti distributivi non tarderà a determinare risultati positivi che già iniziano a riscontrarsi in corrispondenza delle principali manifestazioni fieristiche nazionali ed internazionali con un crescente interesse nei confronti dei nostri prodotti da parte di primari operatori commerciali italiani ed esteri.

- Turismo e agricoltura: anche in Sicilia è sempre più un binomio inscindibile?
“Diverse indagini sviluppate a livello regionale dimostrano come l’enogastronomia siciliana tenda sempre più a costituire una calamita per i turisti che vengono in Sicilia anche per poter gustare le nostre produzioni tipiche. Il continuo aumento inoltre dell’offerta di ospitalità rurale tende a rafforzare il legame tra le produzioni regionali ed i flussi turistici che sembrano preferire in misura crescente aree agricole alle tradizionali mete turistiche ubicate sulle coste o in corrispondenza di siti culturali di particolare interesse. Proprio in questi giorni, tra l’altro, è diventato pienamente operativo, con l’approvazione del complemento di programmazione, il Leader Plus, il Piano di sviluppo delle aree rurali, dove per definizione agricoltura, turismo, artigianato si integrano”.
- La viticoltura siciliana si fa spazio nel panorama internazionale, quali saranno le prossime mosse della Regione in questo settore?
“La Regione continuerà a sostenere le imprese, in occasione di fiere ed eventi internazionali, in modo da favorirne la penetrazione nei mercati. Per quanto concerne la ricerca, puntiamo alla valorizzazione dei cloni autoctoni e della biodiversità, per l’individuazione di cloni di elevato potenziale qualitativo e produttivo standardizzato. In programma c’è anche il rilancio del settore vivaistico, per valorizzare sempre di più le varietà autoctone. Tra gli obiettivi di questo governo c’è anche quello di incrementare il vino commercializzato in bottiglia, con evidente diminuzione del vino commercializzato sfuso ed il recupero della capacità di trasformazione dimessa, per consentire alle imprese in crescita di completare la filiera. Grande attenzione, comunque, poniamo nella riqualificazione degli operatori del settore e nella formazione delle figure professionali di cui necessita il settore”.
- Olio d’oliva quali le iniziative per migliorarne l’immagine e la qualità in ambito locale e internazionale?
”In questo ultimo biennio gli sforzi dei Servizi allo sviluppo sono stati fortemente orientati verso il miglioramento dell’immagine della Sicilia dell’olio attraverso la realizzazione di diverse pubblicazioni specifiche (Atlante regionale degli oli, ecc.) e la partecipazione ad importanti manifestazioni in Italia ed all’estero. Un ulteriore impulso al miglioramento qualitativo delle produzioni regionali è derivato dalla proficua utilizzazione delle risorse destinate a tale finalità nell’ambito del Reg. CEE 528/99 per progetti di miglioramento della qualità dell’olio realizzati, sotto la supervisione dello Assessorato, delle Associazioni dei produttori e delle Istituzioni pubbliche operanti nel comparto”

AGRUMI: Oro di Sicilia

 

(pagine a cura dell'ufficio P.R. editoriale)

Gli agrumi, la cui etimologia deriva dal latino medievale “agrumen” (dal sapore agro), dagli ultimi secoli in poi hanno ricoperto in maniera sempre più estesa, con le loro piante sempreverdi, la superficie della Sicilia, fino ad immedesimarsi con essa ed a contribuire alla caratterizzazione del fertile territorio.
Emblema del sole e della luce della nostra terra, le arance, tra leggenda e poesia, sono diventate il frutto-simbolo della Sicilia.

LE ORIGINI E LA DIFFUSIONE DEGLI AGRUMI
Gli agrumi appartengono al genere “citrus” e hanno una storia avventurosa che risale a 4.000 anni fa. La loro coltivazione, infatti, ebbe inizio intorno al 2400 a.C. nella zona originaria che è l’Asia orientale.
Il lento procedere verso Occidente delle arance è testimoniato innanzitutto dal nome “arancia”, che deriva dal persiano “narang”, da una particolare e ricercata pietanza della cucina persiana abbasside la “naranjija” ed inoltre dal più antico ricettario persiano, il Baghdadi.
È opera degli Arabi e dei Crociati la diffusione in Sicilia e in altre regioni del mediterraneo dell’arancio amaro (o melangolo) e del limone.
Alcuni secoli dopo, quando iniziarono le grandi scoperte, furono i Genovesi e i Portoghesi, popoli di navigatori, che con Vasco de Gama nel 1400 e nel 1500 diffusero l’arancio dolce in Europa: Spagna, Liguria, Calabria e Sicilia. Infatti, fino ad oggi nelle espressioni dialettali di queste regioni l’arancia è denominata: partuga, partugal, partuallo, riferendosi proprio alla regione da cui ebbe origine la diffusione europea. Per molto tempo la coltivazione degli agrumi rimase limitata a scopo ornamentale.

La moda di utilizzare gli agrumi a tale scopo si propagò nel Medioevo e nel Rinascimento. I frutti vennero largamente utilizzati in gastronomia, per insaporire carni, arrosti e dolci, ma anche in medicina, erboristeria, ecc.
Nel 1600 comincia l’utilizzo agricolo dell’agrume. In Sicilia è soprattutto nel 1700 e nel 1800 che l’elevata redditività dell’agrumicoltura spinse in modo notevole la diffusione di questa coltura.
Per quanto riguarda più specificatamente l’arancia rossa, pare che questa sia giunta in Sicilia in tempi relativamente recenti e dopo un lungo viaggio iniziato probabilmente in territorio cinese, dove si è differenziato quel primordiale nucleo genetico dal quale sono derivati gli attuali agrumi.
Pare che nella Sicilia del XVI secolo venissero coltivate soltanto le arance bionde. Bisogna giungere nel XVII secolo perché l’arancia rossa entri nel panorama delle varietà consciute in Italia. È nell’opera “Hesperides” del gesuita Ferrari (1646) che viene descritto per la prima volta il frutto di un”aurantium indicum” dalla polpa pigmentata (purpurei coloris medulla), portato in Italia da un missionario genovese di ritorno dalle isole Filippine. E arance decisamente rosse sono raffigurate in un quadro di Bartolomeo Bimbi, un pittore che operò alla corte dei granduchi di Toscana tra il XVII e il XVIII secolo. Le caratteristiche dell’arancia dal sugo vinoso vengono poi descritte in un manoscritto del botanico fiorentino Micheli (1679 - 1737). La Sicilia rappresenta l’area agrumicola italiana più importante e una delle più rilevanti del bacino del Mediterraneo e del mondo.
Oggi gli agrumeti, che i siciliani con orgoglio chiamano “giardini”, coprono una superficie di circa 112.000 ettari e la produzione che in media ogni anno viene raccolta è di oltre 2 milioni di tonnellate.
Si raccolgono prevalentemente arance; seguono limoni, mandarini e clementine. Poi, nell’ambito della coltura delle arance, primeggiano le varietà a “polpa rossa”, cioè Tarocco, Moro e Sanguinello.
La produzione di queste arance è tipica della Sicilia orientale, nell’area posta a sud, sud-ovest dell’Etna. È questo il contesto territoriale siciliano dove l’agrumicoltura, negli ultimi decenni, si è affermata sempre di più come realtà agricola principale e come attività economica trainante.

LE ARANCE ROSSE
Le arance rosse, dette anche “pigmentate”,Tarocco, Moro e Sanguinello, hanno come principale caratteristica distintiva la presenza nella polpa e nella buccia di pigmenti, detti antociani, che conferiscono ai frutti un particolare colore “rosso rubino”.
La produzione di queste arance è tipica della zona posta a sud, sud-ovest dell’Etna, tra le provincie di Catania, Enna, Siracusa e Ragusa. Al di fuori di quest’area, le arance pigmentate perdono le loro caratteristiche qualitative di pregio (con riferimento soprattutto all’equilibrato rapporto tra zuccheri ed acidi) e non presentano più la loro caratteristica colorazione rossa. Quest’ultima, infatti, si evidenzia con le basse temperature invernali, favorite dalle escursioni termiche che si verificano in autunno e in inverno fra il giorno e la notte. Queste condizioni ambientali, che a quanto pare sembrano proprio legate alla presenza dell’Etna, non si verificano in nessun’altra regione dell’area mediterranea e del continente americano. Pertanto, la Sicilia può essere considerata la patria di elezione delle arance rosse proprio perché è il luogo dove queste varietà di agrumi (Tarocco, Moro e Sanguinello) trovano le condizioni ambientali idonee per esprimere al meglio le loro caratteristiche genotipiche.
Nella fase di maturazione dei frutti, nella nostra area si verificano temperature rigide di notte e un’esposizione a luce molto intensa di giorno (radiazioni di lunghezza d’onda superiore a quella necessaria per la fotosintesi): questi due fattori climatici permettono la formazione (nella giusta proporzione) di tutti quei composti responsabili delle qualità organolettiche dei nostri frutti. In particolar modo si favorisce la formazione del precursore specifico dei flavonoidi, dai quali, mediante riduzione enzimatica, si originano le antocianine.
Nella nostra area, inoltre, l’abbondante dose d’insolazione permette la formazione di alti livelli di zucchero nei frutti, fondamentali per la formazione del sapore.

LA BONTÀ DEL PRODOTTO
Diverse indagini svolte in Europa negli ultimi anni hanno efficacemente dimostrato che una delle preoccupazioni maggiori dei consumatori è la sicurezza alimentare. Questo è un dato molto significativo perché dimostra come la popolazione sia sempre più consapevole del fatto che la salute dipende in gran parte da ciò che si mangia.
D’altra parte, gli studiosi che si occupano d’indagare sugli agenti esterni che possono influenzare l’insorgenza e la diffusione di alcune malattie in una popolazione, ritengono che l’alimentazione sia uno di quei fattori ambietali che svolgono un ruolo fondamentale.
È importante, pertanto, informare il consumatore sui vantaggi legati al consumo delle arance “rosse”.
È opportuno far leva sulla bellezza dei frutti, sulle eccezionali caratteristiche organolettiche (gusto dolce, ecc…) ma anche sugli aspetti nutrizionali e “salutistici”. In poche parole, bisogna evidenziare anche il superiore valore biologico delle arance rosse.
Gli agrumi, in generale, con particolare riferimento alle arance (sia rosse che bionde), si distinguono per l’alto contenuto di zuccheri totali (e quindi costituiscono un’ottima fonte di energia prontamente assimilabile); basterebbe solo un bicchiere di succo di arancia a colazione a far fronte alle necessità energetiche dell’organismo nella prima parte della giornata. E una spremuta d’arancia è in grado di ripristinare velocemente buona parte delle risorse energetiche consumate durante l’esercizio di un’attività sportiva. Gli acidi organici presenti nei frutti assicurano continuità alla sequenza di reazioni della respirazione cellulare. Inoltre, l’acido citrico e il potassio, presenti nella polpa e nel succo delle arance, formano un ottimo sistema tampone capace di regolare il sistema il ph dello stomaco. Quindi, l’assunzione di succo d’arancia non causa un aumento dell’acidità gastrica come generalmente si pensa. L’elevato contenuto di elementi minerali rende i frutti di agrumi indispensabili nella dieta alimentare giornaliera in quanto molte di queste sostanze catalizzano diversi processi enzimatici che si verificano nell’organismo. Inoltre, il basso contenuto in sodio conferisce agli agrumi particolare interesse dietetico, specialmente per chi soffre di ipertensione e necessita di una alimentazione iposodica. Negli agrumi sono presenti numerose vitamine, come il beta-carotene o provitamina A, le vitamine del gruppo B (B1, B2, B6), ecc... che hanno un valore terapeutico nei confronti di varie malattie. Ma gli agrumi sono soprattutto noti perché, sia come frutto fresco che come succhi, costituiscono una delle principali fonti di vitamina C nella dieta delle popolazioni dei Paesi industrializzati. Tra i numerosi ruoli della vitamina C è interessante sottolineare la funzione antiossidante capace di contrastare l’azione dei radicali liberi: funge da “scavanger” (spazzino) dei radicali liberi che determinano fenomeni degenerativi a livello cellulare (ad essi si attribuisce la causa di malattie gravi, come il cancro).
IL TAROCCO
Ebbene, tra i frutti di agrumi, il “Tarocco” (che guarda caso è una varietà di arancia rossa) è il più ricco di vitamina C, con livelli nel succo che oscillano tra 70 e 90 mg/100ml. Se si considera che la necessità giornaliera di vitamina C per il nostro organismo è di circa 60 mg, si nota subito che bevendo un bicchiere di succo o consumando due frutti di questa varietà di arancio al giorno è possibile soddisfare questa esigenza nutritiva.
Ma, a questo punto, è necessaria una precisazione: la cianidina, che è l’antocianina principale presente nelle arance rosse, è molto più attiva della vitamina C nel disattivare le specie radicaliche ossigenate. Quindi, le antocianine non solo conferiscono alle nostre arance una particolare colorazione, ma aumentano sensibilmente il loro valore biologico per via della loro capacità di bloccare i famigerati radicali liberi. Esplicano attività farmacologica sulla fragilità capillare (proprietà epitelio-riparatrice) e sulla retina. Trovano impiego nella terapia oculistica (come principi attivi che favoriscono la rigenerazione della porpora visiva), nella cura dell’ulcera, in angiologia per le proprietà epitelio-protettrici e modulatrici della resistenza e della permeabilità capillare e in tutte quelle condizioni fisiopatologiche caratterizzate da un eccesso di produzione di radicali liberi.
L’antocianina dominante nei succhi di arance rosse è la cianidina-3-glucoside, che esercita la più potente azione antiossidante tra le antocianine presenti nei frutti delle varie specie vegetali.
Annualmente l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro organizza una manifestazione, che consiste nella distribuzione delle nostre arance in tutte le piazze d’Italia, denominata “L’Arancia Rossa della Salute”: lo scopo è raccogliere contributi e trasmettere un messaggio educativo circa la necessità di una corretta alimentazione.
Altri vantaggi per il consumatore derivano dal fatto che generalmente le nostre arance hanno una scarsa presenza di residui di fitofarmaci, per i seguenti motivi:
- il numero di trattamenti fitosanitari che ordinariamente si effettua è molto basso rispetto a quello che si pratica per le altre colture (ad esempio: pere, mele, uva, ecc.);
- il frutto si consuma privandolo della buccia (che tra l’altro è molto spessa e quindi costituisce un’efficace barriera alla penetrazione dei fitofarmaci);
- negli ultimi anni sono entrati in vigore dei Regolamenti comunitari che prevedono l’adozione di misure che consentono all’agrumicoltore di avere un compenso annuo se esclude l’impiego di fitofarmaci di sintesi (sistema biologico) o ne riduce l’impiego (sistema integrato): la maggioranza degli agrumicoltori hanno aderito a queste misure e pertanto incorrono nell’obbligo di rispettare un preciso disciplinare (sottoponendosi tra l’altro a periodici controlli da parte degli organi competenti);
- recentemente è stato condotto un monitoraggio a livello nazionale per quantificare la presenza di residui di fitofarmaci nella frutta e per quanto riguarda gli agrumi i risultati sono stati buoni; ciò significa che anche i prodotti ottenuti nelle aziende che non aderiscono ai suddetti regolamenti comunitari (e che quindi hanno assoluta libertà di trattare i prodotti con vari fitofarmaci) non vengono sottoposti ad un bombardamento chimico.
Pertanto, l’Arancia Rossa di Sicilia, proprio per l’unicità della provenienza geografica e le sue peculiarità, ha già ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP) che rappresenta una garanzia di qualità per il consumatore.

Oro di Sicilia